I “Giudei” di San Fratello che con squilli di
trombe, catene minacciose e campanacci tentano di distogliere l’attenzione
popolare dal dolore per la morte di Gesù Cristo.
Durante la Settimana Santa, e precisamente dal mercoledi al
venerdi santo, a S. Fratello, nelle Nebrodi messinesi, si ha un esempio di
unione tra sacro e profano. Qui si ha anche l'unione del dolore per la perdita
del Cristo e della fastosità tipica del carnevale.
Una miriade di contadini e pastori si travestono con particolari costumi
costituiti da giubbe rosse e gialle impreziosite con motivi floreali e ricami e
da un cappuccio rosso che ricopre la testa. Tali costumi ricordano in parte quelli
dei soldati romani che flagellarono Gesù e sono di proprietà delle famiglie del
posto e sono tramandate da padre in figlio. Vengono chiamati volgarmente
“Giùriai” (lingua gallo-italica), Giudei in italiano.
Tali "giudei" ripercorrono le vie della città con
squilli di trombe, catene minacciose e campanacci in modo allegro con il chiaro
intento di distogliere l'attenzione popolare dal dolore per la morte di Gesù
Cristo. Il contrasto ha il suo punto cruciale il venerdì santo, quando il corteo che
segue il Crocifisso è disturbato ed interrotto nel suo cammino dall'arrivo
festoso dei giudei.
In passato la festa era più irriverente e pericolosa, ma oggi viene vissuta
come una grande rappresentazione teatrale che coinvolge un intero paese.
La festa popolare religiosa risale forse ai tempi
medievali, quando venivano rappresentati quei misteri che sono passati
successivamente dalle chiese alle piazze. Quella della Pasqua è sicuramente la
Settimana più ricca di manifestazioni che cominciano con il momento più drammatico
della passione del Cristo e si concludono con l’esplosione della
gioia della Resurrezione.
A San Fratello, dove le tradizioni sono ancora rispettate,
si sente un forte impeto ed una massiccia partecipazione che vede coinvolti
tutti gli abitanti. Non c’è interruzione di sorta perché anche nelle giornate
del Lunedì e Martedì Santo ognuno si prepara per essere di grande aiuto alla
realizzazione scenografica.
All’alba del Mercoledì Santo inizia la cosiddetta “Festa dei
Giudei” e vengono preparati i sepolcri in tutte le chiese parrocchiali. Anche
le donne con religioso silenzio e luttuoso dolore cingono con manto nero il
capo della Madonna della Pietà, espongono la Santa Croce, portano in segno
votivo i piatti dove germogliano grano, lenticchie e ceci cresciuti per qualche
settimana al buio. Una tradizione quella del Mercoledì vuole che ogni
fidanzata mandi a casa del suo sposo un agnello di pasta di mandorle; qualche
giorno dopo questi lo restituisce per mangiarlo insieme, al pranzo di Pasqua.
Ma quella che maggiormente attira il nostro interesse è
la Festa dei Giudei che si svolge nei giorni di Mercoledì, Giovedì e
Venerdì Santo, unica al mondo.
Come dicevamo, di origini medievali, la rappresentazione è estremamente
suggestiva e ricorda i Giudei che percossero e condussero Cristo al
Calvario.
Un gran numero di persone conservano accuratamente e
gelosamente il costume che, secondo la tradizione, da secoli è formato da una
giubba e da calzoni di mussola rossa e da strisce di stoffa d’altro colore,
solitamente gialle o bianche.
La testa coperta da maschera “sbirrijan” (lingua
gallo-italica), un cappuccio che si slancia con un lungo cordoncino sino ad
assottigliarsi come coda. Ricorda la Confraternita dei Flagellanti o dei
Fratelli della Misericordia. Altri elementi rendono l’aspetto piuttosto
singolare: pelle lucida con lingua, sopracciglia lunghe e
arcuate, scarpe di cuoio grezzo e di stoffa, “schierpi d’piau” (in lingua
locale).
Catene a maglie larghe nella mano sinistra, “d’scplina”, (in
vernacolo locale), trombe militari con vari ornamenti finemente intarsiati e
ricamati specialmente nella giubba che ricordano le antiche tradizioni della
cultura araba.
I Giudei vestono quindi panni appariscenti, un singolare
elmetto, con qualche pennacchio o croce, e così vestiti gli uomini
sanfratellani percorrono le strade del paese.
Il respiro della Settimana Santa di San Fratello raccontato da Buttita e Pitrè.
Durante il triduo (mercoledì, giovedì e venerdì Santo) diversamente da ogni altra località siciliana in cui durante la settimana
che ricorda la Passione di Cristo si susseguono meste rappresentazioni sacre, a
San Fratello esplode una sorta di baccanale che ha il suo culmine il
venerdì santo durante la processione del Cristo morto (cfr. Buttitta 1978,
1990).
Una accorata e spregiativa descrizione ce la dà il folclorista Giuseppe
Pitrè alla fine dell’800: “Nei giorni di Giovedì e Venerdì della
settimana santa […] si mettono in giro pel Comune un buon numero di mandriani
travestiti in una certa foggia carnevalesca, che volgarmente si chiama di
Giudei. La voce ‘carnevalesca’ non è esagerata, perché non potrebbe altrimenti
appellarsi che da Carnevale i vari pezzi di quel costume. Un sacco con due
buchi per gli occhi, ed una maglia di pelle nera lucida copre il capo, dietro
il quale si rovescia a forma di cappuccio, pendente per via di una enorme nappa
fino ai polpacci delle gambe, una specie di giubba egualmente rossa, che va a
congiungersi alla vita con uno stretto paio di brache; gambali di stoffa gialla
scendono fino ai calzoni: un insieme stranissimo, reso anche tale da un mazzo
di catene a maglie schiacciate, triste avanzo di discipline, che i Giudei
agitano e scuotono per accrescere il rumore, lo strepito ed il baccano onde
assordano quanti incontrano e quanti essi si precipitano ad incontrare. Qualcuno di loro porta una tromba, che suona ad ogni
crocevia, ad ogni vicolo, o chiassuolo nel quale imbocca, accrescendone gli
effetti con lo scroscio della catena. Aggruppandosi, dividendosi,
raggruppandosi innanzi le case, innanzi le chiese, si mescolano alla folla dei
devoti, vi si fanno strada, sguisciando, sgambettando, saltando e facendo a chi
più può nel raggiungere un posto, una chiesa, un orto, un giardino fuori il
Comune, non curandosi di manomettere quanto incontrano” (Pitrè 1913 -
1978: 226-228).
A proposito delle possibili ragioni che sottendono la presenza
di elementi quali i diavoli, i giudei, gli schiamazzi, i suoni, i rumori (ma
non le parole, si badi bene, i giudei di San Fratello sono chiusi in un ferreo
mutismo), vorrei suggerire anche un altro spunto di riflessione. L’Ufficio
delle Tenebre, il rito ufficiale della Chiesa che si svolgeva la mattina
del venerdì santo, prevedeva che la rievocazione della morte del figlio di
Dio venisse drammatizzata con l'oscuramento progressivo della chiesa e con un
“piccolo strepito” prodotto dai fedeli. Amplificando via via le valenze
spettacolari ma anche liberatorie di quel rito, la tradizione popolare si
è appropriata di quel momento, fino a far registrare, alla fine dell’800,
episodi di ben altra natura:
“… scoppiò un enorme strepito, un fracasso, quasi un
terremoto, come se la chiesa crollasse. I ragazzi facevano rullare tutti di
conserva i calascioni, le raganelle, le tricche-tracche; quello del bastone
menava bòtte da orbi sul tavolo dei morti; l'altro del sasso percuoteva su
di un banco, e quello dal martello tirava colpi sull'avantiporta come se avesse
voluta sfondarla; senza contare gli uomini che ci davano su dei calci e dei pugni...”
(Capriglione 1887, cit. in ameritalia)
Questo rituale, conosciuto
come Terremoto o Scurdàte o Tremmete o Bbatte
porte nelle diverse parlate locali e diffuso su tutto il territorio
italiano, dal nord alle Isole, viene diversamente interpretato dagli
studiosi. In alcuni casi come imitazione dello strepito e della confusione
avvenuta durante la cattura di Gesù da parte dei soldati (i giudei), oppure
come battiture inferte a Barabba, o ancora come riproduzione della
flagellazione di Cristo o come reazione della natura alla morte del Figlio di
Dio (cfr. Perrotta 1986; Sordi 1997; Mascia 2001).
Potrebbe a San Fratello l’amplificazione dell’evento
liturgico essere cresciuta a dismisura fino ad esplodere, liberando il
rito dai limiti dei luoghi ecclesiastici? Lo strepito dei Giudei, che aveva
portato il mondo dell’uomo a lambire quello intoccabile del sacro, ha
forse percorso a ritroso la sua strada, riportando i gesti terreni sui
luoghi del quotidiano per sacralizzarli nella profanazione?
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