STORIA
Un evento apocalittico che cancellò gran parte del centro storico.
La frana che colpì San Fratello quei primi giorni di gennaio
del 1922 è stato uno smottamento gigantesco che ha inghiottito quasi per intero
uno dei più popolosi paesi della provincia di Messina.
Novantacinque anni dopo, persiste
indelebile un ricordo doloroso, triste, malinconico. Perché in quei giorni la
storia dell'ultramillenario paese rischiò di terminare sotto le macerie; la vita
dei suoi sfortunati protagonisti cambiò in modo radicale, segnata per sempre
dalla perdita di tutto ciò che si possedeva. Inutile soffermarci troppo per tentare
di comprendere tecnicamente quel tragico evento, anche se bisogna dire che era
stato ampiamente previsto, perché anticipato da altri smottamenti di minore
entità. Naturalmente però non era prevedibile il grosso danno che poi si
verificò la notte la il 7 e 8 gennaio 1922.
UN DISASTRO ANNUNCIATO
Secondo le memorie dello storico Luigi Vasi, la zona colpita
nel 1922 fu teatro di un precedente movimento franoso nel 1754. A dare conferma
di questa ipotesi anche i documenti trascritti in uno di quei drammatici
consigli comunali che si susseguirono subito dopo la frana del 1922 a San
Fratello. Documenti riportati alla luce da Pierpaolo Faranda, autore di “Città
giardino: il Piano Acquedolci”, dove si fa riferimento ad uno smottamento del
1745 nella stessa area interessata dalla frana del 1922, che ha visto nascere
una prima idea di delocalizzazione di San Fratello nei pressi dell’odierna
Acquedolci, ma già allora una forte opposizione si ribellò all’idea.
Considerando la scrupolosità del Vasi, pensiamo che la frana
del 1745, altro non è che quella del 1754. Dopotutto in quei giorni terribili non
credo si pensasse molto al passato, piuttosto si doveva progettare il futuro.
La costruzione della nota “Murata”, eretta alla fine dell’800
aveva come obiettivo principale quello di salvare gli oltre mille anni di
storia del borgo antico. Infine, il ritrovamento dei piani progettuali della Chiesa di
Maria SS Assunta (la Matrice) ci indicano che l’originale cadde probabilmente
nel 1754, e quella che sarebbe scomparsa nel 1922, e che ammiriamo nelle foto storiche su un cucuzzolo di montagna di fronte alla Roccaforte, non è altro che una
copia di un precedente tempio.
Quindi la frana del 1922 non fu altro che l’epilogo di
precedenti smottamenti che avevano interessato, già a partire dal 1754 quella
stessa zona.
Si poteva salvare San Fratello?
In realtà il Gen. Antonino Di
Giorgio ed altri illustri personaggi dell’epoca ne erano convinti, almeno inizialmente, ma servivano
dei grossi finanziamenti per creare, a supporto della già esistente “Murata”,
altri muri di contenimento scaglionati con pali di supporto, ed inoltre
canalizzazioni dei flussi di acqua che dovevano alleggerire il sottosuolo
dell’anfiteatro naturale sulla quale sorgeva parte del centro di San Fratello.
Il grosso finanziamento non arrivò e altro non poteva farsi che attendere la
mano del destino che colpì spietatamente in quei giorni la città.
Dopo il disastro, l'idea di delocalizzazione sulla costa che vedeva tra i principali promotori proprio il Di Giorgio, fu appoggiata da alcuni e respinta da altri. Di Giorgio, morì nel 1932 con il sogno di rivedere San Fratello, suo paese natale, nuovamente ricco e prospero sulla costa, dove da qualche decennio la ferrovia e la principale strada di collegamento tra Palermo e Messina stavano avvantaggiando economicamente i centri costieri. Quel sogno non si realizzò, o meglio riuscì e metà, con la nascita di Acquedolci da una costola di San Fratello.
All’interno della zona colpita dalla frana del '22 si trovava il nucleo più
antico della città Normanna, fortificata mille anni prima dai devoti al seguito
di Ruggero I, con 12 chiese racchiuse in pochi
isolati, tipico di tutti i centri medievali fortificati in quel periodo.
La vita del paese prima di quel tragico evento non era molto
diversa da molti altri centri che vantavano in quel periodo alla pari di San
Fratello una disponibilità agricola notevole che si confrontava quotidianamente
con le insidie di una zona sottosviluppata quale era il sud dell'Italia. Il
motore economico dell'abitato erano le vaste terre sfruttate per l'allevamento
e l'agricoltura; la manodopera locale era sorretta dalle antichissime
tradizioni. Ciò che molti sconoscevano o ignoravano era la ricchezza che
nascondeva San Fratello, sia nel vero senso della parola, sotto forma di ogni
bene che apparteneva alle ricche famiglie sanfratellane e alla chiesa locale, sia come patrimonio
storico e culturale.
Non bisogna però dimenticare che ad un centinaio o poco
più di facoltose famiglie, si contrapponevano gli oltre
14.000 residenti che vivevano tra timidi e sottili raggi di benessere e la più
profonda e oscura povertà.
COSA LEGGERE PER APPROFONDIRE
Ci sono alcuni testi molto interessanti che narrano di quei tempi: proponiamo in particolare, "Folklore di San
Fratello", scritto da Benedetto Rubino nel 1914, che raccoglie
alcune delle più note tradizioni consumate sotto la Roccaforte e racconta degli
episodi che hanno tra le altre cose il pregio di ricalcare la vita
sanfratellana dell'epoca, con tanto di lotte di campanile e di conflitti fra
quartieri; consigliamo inoltre "Studi storici e filologici dei gallo-italici", di Luigi Vasi, che racchiude al suo interno diversi opuscoli che raccontano la storia e le tradizioni di San Fratello, pubblicati a metà dell'800, e dello stesso autore "Le Memorie", edito nel 1893, anche se si tratta di un testo dove le notizie storiche sul paese vanno cercate in maniera più accurata; infine consigliamo "I primi canti lombardi di San Fratello", ricerca storico-linguistica di Benedetto Di Pietro, perché grazie ai versi poetici di artisti dimenticati è possibile fare un viaggio indietro nel tempo nella San Fratello del diciannovesimo secolo.
I TESTIMONI
I testimoni di quella, per lo più sconosciuta, ricchezza sono ancora qui con noi, seppur in stato di abbandono: sono le case, le viuzze, i monumenti del centro storico rimasto in piedi dopo tutti questi secoli. Quella parte di paese oggi dimenticata anche dagli stessi sanfratellani. Un passato ancora presente, un passato che potrebbe garantire un futuro, purché si attuino sin da subito progetti concreti per recuperare e valorizzare le zone abbandonate.
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