CRONACA
I sindaci inadempienti rischiano il concorso esterno.
Simone Olivelli.
Il presidente del Parco la notte del 17 maggio ha
rischiato di rimanere vittima di un agguato. Oggi fa il punto su ciò che è
stato fatto da allora e su quello che ancora bisogna fare. «Abbiamo
intralciato business da cinque miliardi», racconta a MeridioNews. Stima
per il sindaco di Troina, Fabio Venezia, ma anche per Crocetta.
«La Sicilia era come una torta, ogni famiglia mafiosa aveva
la sua fetta». Cinque mesi dopo essere scampato a un attentato, Giuseppe Antoci mantiene
ferma la motivazione di andare avanti nella battaglia contro
gli appetiti della criminalità organizzata sul demanio forestale.
Un sistema che - assicura - non riguarda soltanto il Parco dei Nebrodi, di
cui è presidente, ma l'intera Isola. «Un affare da cinque miliardi di
euro di fondi comunitari - spiega aMeridioNews -. Abbiamo
scoperchiato un sistema che aveva trovato nel demanio un business
paragonabile a quello della droga».
Secondo gli inquirenti che indagano sull'agguato avvenuto la
notte del 17 maggio, e ancora prima sulle ripetute minacce rivoltegli prima di
passare ai fatti, starebbe proprio nell'impegno di Antoci a fare chiarezza
sulle concessioni demaniali la decisione di farlo fuori. Con
un'azione vecchio stampo, di quelle che in Sicilia non si vedevano da decenni:
strada sbarrata - quella tra Cesarò eSan Fratello -, auto
costretta a fermarsi e fuoco aperto. Un assalto che non ha avuto conseguenze
soltanto per il pronto intervento della scorta e di un'auto della polizia che
seguiva Antoci per caso. «Con il protocollo di legalità ideato
insieme alla prefettura di Messina abbiamo messo con le spalle al muro gliaffittuari
legati alle famiglie mafiose - prosegue il presidente del Parco - e da
qualche settimana abbiamo esteso quelle misure a tutte le province siciliane».
Perché a interessarsi ai boschi non è soltanto la mafia dei
Nebrodi. «Sarebbe stupido pensarlo. Io mi spingo oltre: non è solo Cosa
nostra a fare affari con il demanio. A meno che non vogliamo pensare che
la 'ndrangheta in Calabria e lacamorra in Campania restino a
guardare».
Cardini del protocollo sono l'indizione di gare pubbliche per l'affidamento dei terreni e la richiesta
di certificazione antimafia anche per concessione inferiori ai
150mila euro. «Così facendo abbiamo intralciato gli affari di chi agiva
indisturbato, facendo leva sulla propria pericolosità - specifica Antoci -.
Infatti, era pratica consolidata che le società vicine a esponenti mafiosi si
trovassero a essere le uniche ad avanzare pretese sui terreni. Gli altri
non si facevano avanti per paura».
Tornando ai giorni dell'attentato, il presidente del Parco
ammette che da allora la quotidianità è cambiata. «Ero già sotto
protezione, ma oggi la vita è senz'altro più difficile, per me e la mia
famiglia, ma si va avanti - assicura -. Sui Nebrodi i reparti speciali dei
carabinieri continuano a setacciare il territorio, ma sono tutte le forze
dell'ordine a essere impegnate». Anche se di minacce concrete da quella notte
non ne sono più arrivate. «Si è trattato di progetto di attentato che ha
necessitato senz'altro del benestare dei vertici di Cosa nostra -
continua Antoci - e davanti alla risposta dello Stato è normale che oggi
anche loro stiano attenti ai passi da fare, ma non dobbiamo abbassare
l'attenzione».
Poche parole sulle indagini. «Non posso dire nulla, ma
passi avanti in questi cinque mesi ne sono stati fatti. Speriamo che si possa
arrivare innanzitutto a rintracciare gli autori materiali, per poi pensare ai mandanti».
Quello su cui invece si può dire di più è l'impegno che dovrà vedere
protagonisti i singoli Comuni, gli enti che gestiscono direttamente le
concessioni. «Se qualche sindaco pensa di poter far orecchie da mercante,
evitando di fare i dovuti approfondimenti, deve sapere - sottolinea Antoci -
che nel caso di illeciti il rischio non è più quello di essere accusati di
abuso d'ufficio ma di concorso esterno in associazione mafiosa». Messaggio
di certo non destinato a Fabio Venezia, il sindaco di Troina che è stato
il primo ad annullare le concessioni in mano a
società infiltrate. «Vorrei ce ne fossero di più come lui», ammette
Antoci. Che dedica l'ultimo pensiero al presidente della Regione, Rosario
Crocetta. «Mi è stato vicino ed è stato il primo a volere
l'estensione del protocollo di legalità. Ha mostrato coraggio».
fonte: meridionews.it
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