San Fratello festeggia un figlio di migranti schiavi, San Benedetto il Moro



Frà Giuseppe Maggiore.
Anche quest’anno si è conclusa con i botti la festa di San Benedetto il Moro a San Fratello in provincia di Messina.
Il comitato della festa capitanato da Giuseppe Merlino negli ultimi anni non solo ha fatto in modo di far diventare più bella la festa, ma di mentalizzare anche un’intera popolazione visto il pullulare di gente nelle vie principali della cittadina Nebroidea e la folla dietro il Santo nero.
Un Santo nero. Si proprio nero, Africano, nato a San Fratello ma figlio di schiavi africani portati in Sicilia tra la fine del 1400 e inizi del 1500. Venerato in diverse parti del mondo e naturalmente anche a San Fratello dove è nato, a Palermo dov’è vissuto gran parte della sua vita e dove  tutt’oggi risiede il corpo nel convento di Santa Maria di Gesù.
Ritorniamo alla nostra festa, che come dicevano diventa più bella di anno in anno.
I festeggiamenti si sono aperti il 13 settembre con la presentazione dell’ambizioso progetto fotografico di Nicola Lo Calzo che da quasi sette anni documenta l’eredità della diaspora africana e della schiavitù in vari paesi del mondo. Il progetto, chiamato Cham, include un capitolo intitolato Binidittu, dedicato proprio al Frate Francescano afro siciliano Benedetto.
La predicazione del triduo come ogni anno ormai dal 1989 viene affidata ai Frati minori, quest’anno è stato il turno di Fra Alfio Lanfranco originario di  Fratello.
Il 16 settembre il simulacro del Santo Francescano ha visitato diversi quartieri facendo sosta nella piazza dove sorgeva la Chiesa dedicata a San Nicola di Bari rasa al suolo dalla frana del 2010. Il vice Parroco Don Francesco De Luca in un breve riflessione ha evidenziato la necessità di un luogo di culto più grande e la indifferenza e la sordità degli organi competenti nel non saper vedere i disagi della gente del luogo. Le lacrime di chi ha subito la frana accompagnavano la preghiera silenziosa.
La festa si è conclusa il 17 settembre con la presenza del Vescovo della Diocesi di Patti, Mons. Guglielmo Giombanco attorniato da diversi sacerdoti di origine Sanfratellana che ogni anno si rendono presenti per venerare il Santo protettore. Non potevano mancare i Frati francescani: Fra Alfio Benedetto Lanfranco e chi scrive, Fra Giuseppe Benedetto Maggiore di San Fratello; Fra Vincenzo Bruccoleri e Fra Paolino Saia di Santa Maria di Gesù in Palemo; Fra Domenico Guglioso del convento di Ravanusa e Fra Oscar della Provincia San Benedetto l’Africano del Congo.
Da evidenziare la delicatezza e il rispetto dei portatori che hanno avvicinato il simulacro del Santo più di una volta verso persone ammalate.
Portatori che per ben due giorni prestando le loro spalle, hanno permesso agli ammalati, agli anziani e tutti coloro che seguivano la processione di incrociare lo sguardo con il Santo Nero.
Ragazzi che esprimono la loro devozione e si ricaricano gridando a gran voce in lingua Gallo-italica VIVA SAN MNIRITTU, viva San Benedetto. Il peso delle travi e della statua temprano una fede semplice. Loro non sanno di teologia, forse non vanno neanche a messa, ma in quel momento con fede chiedono a quell’Uomo di colore che li ha preceduti e che è vicino a Dio un aiuto, chiedono la salute della moglie, della mamma o di un amico. Sono sicuro che è anche il loro modo di chiedere perdono per le loro mancanze e dire grazie per i benefici ottenuti.
Dicevamo all’inizio che la festa di anno in anno assume un qualcosa di bello. La novità di quest’anno è stata la presenza di fratelli immigrati che sono venuti a conoscere la figura di San Benedetto.
Quello che in questi anni è venuto meno sono i momenti culturali, quest’anno grazie al Parroco Don Salvatore di Piazza, al Comitato, all’impegno di Nicola Lo Calzo e dei Frati si è svolto qualcosa di nuovo.
Bello lo spirito di collaborazione che si è creato tra il Comitato e l’Amministrazione Comunale.
La devozione, la banda musicale, i fuochi d’artificio  e la serata canora non bastano: per far conoscere un santo serve la conoscenza, l’approfondimento, l’annuncio, il confronto con altre culture se no si rischia di fare soltanto folklore tralasciando ciò che davvero è necessario, la cultura e il messaggio Evangelico.

Fonte: messinaora.it; foto di Pino Grasso




 




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