Quando le foto diventano cultura

I "Giudei" visti da Pino Grasso (Reportage Fotografico).


Ancora spazio alle foto che "parlano", in una sfida nel tempo, di questa tradizione che ha più di settecento anni e che vestendosi da "Giudeo" onora, in maniera unica, spesso beffarda e demonica, il Cristo morto. 

Cerimonie sacre, a ritmi di strombazzamenti che intonano marcette senza senso dettate da coreografie fatte da costumi appariscenti - la giubba rossa e gialla ricamata da mani sapienti - che iniziano dalla vestizione che si completa, in un autentico rituale, con la "calata" del  cappuccio, che è dello stesso colore rosso della giubba e dei pantaloni, sul quale sono state cucite delle folte sopracciglia nere e una linguaccia pendula, che danno un aspetto schernitore e mefistofelico completato dall'elmetto di ispirazione tardo-medievale, al quale è appesa una vera coda di cavallo.


Tratti distintivi del rito la tromba e le catene legate al polso della mano sinistra. Che danno ritmo, incutono timore, rendendo i Giudei veri e propri Monatti della Fede. Elementi che servono per creare frastuono e spezzare il raccoglimento dei Fedeli intorno alla passione e morte del Cristo.

La "Festa dei Giudei" ha il suo apice nel pomeriggio del Venerdì Santo, e qui, le foto di Pino Grasso ne colgono alcuni attimi che precedono la vera e propria Via Crucis, che si avvia dopo le funzioni religiose nella Chiesa Madre, il santuario di "San Benedetto il Moro" (Santo Francescano di origini sanfratellane), quando escono le varette dei misteri, il Crocifisso di pregevole fattura lignea e l'Addolorata dal cuore trafitto.




Viene spontaneo chiedersi: ma che cosa rappresentano i Giudei visto che mentre la chiesa universale commemora la passione e morte di Gesù Cristo, a San Fratello si festeggia? Forse il contraltare del triste transitorio periodo in cui la chiesa ricorda il sacrificio del Cristo.

Infatti un tempo comparivano molti personaggi tratti dalle pagine del Vangelo, ma su questi, il Giudeo ha preso il sopravvento. Quindi il Giudeo di San Fratello non è semplicemente un personaggio folkloristico, come molti pensano, non è colui che con il suono della sua tromba dà un aspetto del tutto insolito alle celebrazioni. Egli piuttosto rappresenta il crocifissore, il flagellatore e il soldato che affondò la sua lancia nel costato di Gesù e quindi bisogna vedere in tale personaggio il volto dell’uomo con l’estro che coprendosi, interpreta un personaggio animato da una carica emotiva folle e ad un tempo grottesca. 

Tant’è vero che il Pitrè scriveva: “Nuova del tutto, nel ciclo delle rappresentazioni mute, è la festa dei Giudei di San Fratello dove i giovani mandriani camuffati intenzionalmente da Giudei, corrono all’impazzata per le strade facendo un vero pandemonio ed assordando la gente. A codesto ciclo sono da riportare le scene dei disciplinanti, ora non più riconoscibili nelle processioni che sono tutte di raccoglimento e di pietà dei fedeli, per quanto poi in apparenza lontana, è molto vicina in sostanza a siffatto gruppo di spettacoli...” 


Il Giudeo non sa di pagano, come qualcuno ebbe a dire, è invece l’espressione di un popolo religioso, è un atto di fede, un tripudio di amore al Cristo.

Basti considerare le scene di commozione che si verificano durante ogni manifestazione; ne fa fede il fervore religioso con cui il popolo di San Fratello in un rapporto diretto con la propria intima convinzione religiosa partecipa a tutte le celebrazioni liturgiche.

Ricordandoci sempre del massimo folklorista siciliano Giuseppe Pitrè, sembra inverosimile che abbia potuto definire tale manifestazione una ridda infernale, pazzesca costumanza, mascherata fuori tempo, vera e propria profanazione. Egli aggiunge concludendo: disgraziatamente, questo costume non è cessato ancora! Smentendosi rispetto al suo modo di interpretare la tradizione delle rappresentazioni mute, o perché avrà assistito magari frettolosamente a qualche rito o per la mistificazione di qualche suo corrispondente.



Tant’è vero che di muto c‘è molto, dal momento che i Giudei rispettano un silenzio personale assoluto, utilizzando solo le trombe per annunciare la loro presenza. La singolare tradizione che è certamente curiosa, spettacolare e anche discussa fra le tante che si svolgono in terra siciliana, attira su di sé molta attenzione. Molti valenti studiosi di tradizioni popolari se ne sono occupati, spinti ed attratti dall’enorme suggestione e dall’interesse che da essa proviene e sono state formulate diverse interpretazioni che sempre hanno colto gli aspetti più emergenti del fenomeno, sociologicamente spiegabile con una specifica identificazione dell’essere sanfratellani con l’essere Giudei.

Molti hanno scandagliato in profondità i motivi dei curiosi comportamenti, ma è mancato lo sforzo di operare una sintesi di tali studi.

Forti di una tradizione che ci appassiona sempre più, tenteremo adesso di arricchire con considerazioni e spunti la conoscenza di questo fenomeno. Benedetto Rubino nella sua pubblicazione Folklore di San Fratello ha descritto minuziosamente i costumi ed i movimenti, lasciando l’impressione che il tutto fosse semplice rumore, frastuono e marce e che alla fine del tre giorni si tornasse alla calma, senza dare una personale interpretazione.

Noi siamo convinti che una tradizione, legata ad una realtà religiosa di così grande importanza, come la morte del Cristo, non può non avere connessioni e riscontri con altre analoghe per la comune matrice ideologica cagionante, e abbiamo cercato relazioni fra esse attraverso un tentativo di comparazione dei costumi e dei modi di agire, per riuscire a ravvisarvi le medesime radici culturali.



Nella Corda pazza, Leonardo Sciascia scrive: “...ma una festa religiosa, che cos’è una festa religiosa in Sicilia? Sarebbe facile rispondere che è tutto... E anzi tutto una esplosione esistenziale... esplosione dell’es collettivo di un paese dove la collettività esiste soltanto a livello dell’es... I Giudei (di San Fratello) sono gli uccisori di Cristo, perciò nella rappresentazione della passione di Cristo che viene condannato e crocifisso, essi demonicamente si scatenano... e ci chiediamo se alla formazione di una tale tradizione non abbiano concorso più delle ragioni calendariali e liturgiche, ragioni psicologiche, sociali e storiche”.

Quindi, secondo lo scrittore, il punto di vista si allarga al di là del dramma, per una interpretazione del fenomeno in termini più attuali ed in un certo senso più realistici.

Ed allora occorre necessariamente fare un tuffo nel passato ricordando che San Fratello è una colonia lombarda, che ha lingua e tradizioni proprie, consuetudini e costumi della patria d’origine. Infatti la filosofia che ha assimilato la parlata e la cultura per oltre novecento anni, è stata salvata per quanto possibile in maniera del tutto originaria.



La cittadina dei Nebrodi è stata fondata, integrando gli abitanti greco-latini con immigrati venuti al seguito dei lombardi provenienti da Casale Monferrato con Adelaide o Adelasia degli Aleramici, dall’Alto Novarese, dalla Francia e dalla Lombardia, nel XII secolo. E mentre nelle altre colonie lombarde di Sicilia alcuni elementi originari sono scomparsi, a San Fratello vige immutato ed intaccato l’originario dialetto gallo-italico. Si assiste quindi a un rituale folkloristico carnevalesco che affonda le sue radici in un tempo remotissimo. Lo stesso Italo Sordi vede nei Giudei di San Fratello un cerimoniale inserito nella festività religiosa ma avente forti connotazioni profane, sia pure con intenti rievocativi di un episodio, non vissuto personalmente, ma assunto come antecedente fondamentale alla propria storia.

Quando qualcuno insiste sul termine carnevalesco dovrebbe ricordarsi che non sono sufficienti solo le maschere perché di ciò si possa trattare: il vero carnevale ha un’origine e uno sviluppo complesso in cui vengono a confluire usanze pre-cristiane magari aventi lo scopo di propiziare l’inizio del nuovo anno, la fertilità, l’abbondanza.  Nell’ambito locale i Giudei non sono mai stati visti né paragonati a protagonisti del periodo carnevalesco. Sono invece legati a ragioni sociali, considerato che prima ne indossavano l’abito solo i contadini, i pastori, i mandriani, gli allevatori in genere e non i ricchi proprietari terrieri o gli aristocratici che accettavano il ruolo di essere scherniti durante i tre giorni della festa con piccoli balletti o scherzi senza nulla di offensivo o di irriverente.


Solitamente il Giudeo amico faceva solo qualche tintinnio con la disciplina cioè con lo strumento a maglia di monete o legamenti di catene che tuttora ogni partecipante alla storica tradizione suole portare alla mano sinistra.

Vorremmo tanto riconoscere i cugini dei Giudei, ma, quanto avviene nel paese di San Fratello, insieme a tutto ciò che gli sta a corredo, sa solo di curioso e nient’altro, anche se è sempre più sorprendente la somiglianza di questo costume con quelli tipici della Val d’Aosta. Una maschera comune è la componente demoniaca che acquista in ogni tempo un importante significato per i tradizionali riti che hanno come scopo la sconfitta dello spirito del male e la purificazione, sia dell’uomo che della natura.

A questo punto, lasciamo che ognuno tragga le considerazioni che ritiene più opportune, anche avvalendosi dei confronti con altre culture, nella speranza che la festa dei Giudei di San Fratello duri immutata nel tempo, cercando di promuoverne quanto più possibile l’interazione con le altre manifestazioni, in maniera armoniosa. E ciò non tanto per fare bella mostra con cronisti e visitatori, ma per toccare il profondo dell'animo di chi, per sentimento e convinzione, vive questa tradizione tanto coinvolgente riportando alla memoria quelle autentiche pagine del Vangelo dove si narra delle sofferenze di Cristo, condotto sul Calvario tra gli scherni e il giubilo dei giudei.

Nessun accostamento intenzionale si faccia con il Carnevale (che pure, a San Fratello gode di una caratteristica celebrazione): mai alcun Sanfratellano ha violato la religiosità del costume sacro del Giudeo.

Questa festa, sotto alcuni aspetti, trova delle similitudini anche in altre celebrazioni della Settimana Santa della Sicilia. Solo per citarne alcune: "A diavulata" nel comune catanese di Adrano, e "L'abballu di diavuli" a Prizzi, in provincia di Palermo. Feste accomunate tutte, in qualche modo, dalla presenza nel mondo dell'eterna lotta del bene e del male.

Fonte: Scomunicando




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