Aidone investe sul Galloitalico per rilanciare la propria economia.
di FRANCA CIANTIA
Sono stati lanciati due video-guida di Morgantina su YouTube, la città siculo ellenizzata scoperta nei pressi di Aidone.
Sono stati lanciati due video-guida di Morgantina su YouTube, la città siculo ellenizzata scoperta nei pressi di Aidone.
I video guida sono uno in italiano e
l’altro nel dialetto galloitalico aidonese; quest’ultima è frutto di
un’operazione altamente culturale che ha voluto coniugare i due elementi
peculiari e distintivi dell’identità aidonese: la cultura siculo-ellenistica e
la civiltà normanna (proprio come a San Fratello) alla quale si deve la rifioritura, in epoca medievale, con
la trasfusione di genti provenienti dalle regioni del Nord Italia, portatori di
un linguaggio che, pur con gli inevitabili adattamenti al siciliano dominante,
ha mantenuto per secoli le sue peculiarità che lo differenziano ancora oggi
dalle parlate siciliane.
La realizzazione di questi progetti vuole essere un input a
quanti credono di poter sfruttare nelle città galloitaliche non solo il patrimonio
materiale ma anche quello immateriale, che deve essere conosciuto e
sponsorizzato attraverso tutti i vari canali conosciuti oggi, un patrimonio da
valorizzare e offrire attraverso pacchetti turistici che non si limitino
all’archeologia, ma coinvolgono anche le bellezze naturali e paesaggistiche, le
considerevoli testimonianze monumentali, quindi il dialetto e la memoria
storica.
Il valore di questa versione in galloitalico ad alcuni potrebbe
apparire snobbistica o obsoleta, diversamente riesce a penetrare l’anima della
“lingua” dei nostri padri: “Il dialetto è un suono ancestrale, atavico che è
dentro di noi – afferma un giovane studioso aidonese - che qualcuno, forse per
vergogna o per noia, ha disimparato ad ascoltare, ma quel suono resta lì tenace
e aspetta solo di essere emesso. Non mi vergogno di saper parlare la lingua dei
nostri nonni, anzi, conoscerla e promuoverla come patrimonio da proteggere
ormai, mi entusiasma, mi sembra di ridare vita a quelle antiche voci di un
tempo che “fu e più non è”. Saper parlare il dialetto, per me è motivo di
vanto, e non mi sento rozzo o poco elegante, come molti etichettano chi ancora
vi si esprime; portare a termine un progetto di recupero della nostra identità,
delle nostre radici: la nostra cultura linguistica è forse la nostra più grande
espressione culturale”.
In effetti il progetto vuole contrastare il fattore disgregante
che ha tenuto lontani dal vernacolo gli aidonesi e tutte le altri popolazioni
galloitaliche delle ultime generazioni; il fatto di sentirlo rozzo, pesante, inutile
ha indotto molti ad adottare l’italiano o in alcuni casi una nuova forma dialettale sicilianizzata,
percepita più chiara, comprensibile e “leggera”, e ad abbandonare quasi
definitivamnete la forma galloitalica pura. Questo esperimento, giungendo,
attraverso i nuovi mezzi di informazione, ai giovani che ne sono i maggiori
fruitori, può destare il loro interesse e avvicinarli ad un mondo che, come
abbiamo scoperto tutti quelli che ci siamo accostati da grandi, è dentro di noi
e non chiede altro che di essere tirato fuori.
Nota sull’aidonese, un galloitalico di
Sicilia:
Il dialetto parlato in Aidone, unitamente a quello di Nicosia, Piazza
Armerina, San Fratello e Sperlinga, viene denominato dai linguisti
galloitalico. Questi dialetti, soprattutto nella fase più antica, si
differenziavano dal siciliano per caratteristiche fonetiche, morfologiche e
lessicali.
La loro origine va ricercata ai tempi della dominazione normanna e
sveva della Sicilia, dall’XI al XIII sec., quando fu favorita l’immigrazione
dei coloni provenienti dall’Italia settentrionale per ricostruire e ripopolare
paesi e contrade sconvolte dalle guerre. Vi si insediarono con la loro cultura
e la lingua che in alcune contrade, come le nostre, divenne predominante.
Le
aree di provenienza erano soprattutto Lombardia, Piemonte, l’antica Gallia
Cisalpina, da qui la definizione di galloitalico e la relativa somiglianza con
il francese che salta anche all’orecchio del profano.
In Aidone, la posizione un po’ isolata, nonchè la vicinanza con la
galloitalica Piazza Armerina, hanno favorito la conservazione del dialetto per
molti secoli, poi l’esigenza di comunicare ed effettuare scambi ha favorito il
suo avvicinamento al siciliano. La forma vernacolare, conservata nei documenti
scritti (soprattutto composizioni poetiche dell’inizio del Novecento) e
nell’uso attuale di pochi parlanti, aveva già subìto l’impoverimento
morfologico e lessicale a favore del siciliano e mantenuto più a lungo gli
esiti fonetici.
All’inizio del secolo (1902), A.Ranfaldi scriveva in un
sonetto: “A ddinga ch’ogn giurn us a v’rsùra, Nan eia com a cudda c’tatìna” (la lingua che ogni giorno uso in campagna, non è come quella
cittadina), testimoniando di fatto una situazione di bilinguisno che ancora
perdura: il vernacolo parlato in ambienti familiari e rurali e il “siciliano”
riservato alla piazza e ai forestieri.
Tale condizione oggi appartiene a pochi parlanti, il resto della
popolazione parla solo la forma sicilianizzata che dell’antico galloitalico
mantiene il più vistoso esito fonetico: la caduta delle vocali finali e lo
scempiamento di ed in posizione atona.
Oltre ad Aidone sono in provincia di Enna i principali centri
galloitalici: Nicosia, Sperlinga, Piazza Armerina e poi in provincia di
Messina: San Fratello, Acquedolci, San Piero Patti, Montalbano Elicona, Novara
di Sicilia, Fondachelli-Fantina.
Quali sono le peculiarità del galloitalico rispetto agli altri dialetti
siciliani?
- LA MUTOLA:
Abbiamo detto che il fattore fondamentale di differenziazione è costituito
dalla fonetica, l’elemento che di primo acchito salta all’orecchio è la
presenza della mutola, di questa vocale
indistinta, quasi muta, ma della quale percepisci lo spazio e l’intensità. La
frequenza della mutola in fine di parola, fa sembrare le parole tronche e
l’etimologia popolare da sempre ne ha attribuito l’origine al francese. Questo
è ancor più vero nell’aidonese dove si può dire che non esista parola che non
presenti almeno una mutola, alcune ne presentano un numero tale da rendere la
parola scritta quasi illeggibile, un esempio per tutti: ż’r'mingh’, la
cicatricola dell’uovo (dal lat. Germinem).
IL TRONCAMENTO DELL’INFINITO VERBALE Un’ altra caratteristica che fa tanto “francese” il galloitalico; mangè / mangèr‘ e poi part’r e vinn’r , fer’, parrè, z’rchè.
L’IPERCORRETTISMO che si manifesta come ipersicilianismo,
cioè unesagerato adeguamento
alla lingua dominante: es.: la -ll- intervocalica diventa come nel siciliano
-dd- ( bedd’ > beddu ) ma il processo di adeguamento va oltre
cacuminalizzando tutte le < l >, anche in posizione iniziale, siano esse
scempie o doppie: in aidonese: dditt’ (letto), ddusgèrdula (lucertola), ddumàr’
(accendere), esisti sconosciuti al siciliano.
ESITI PARTICOLARI NEL CONSONANTISMO: – - la
o palatale (suono di cibo, ceci ) derivata dal latino < pl /cl >,
es: cciov’r, ccioviri, cciou, contro il siciliano chjoviri e l’ italiano
piovere; cciò, ciov’, contro chiovu e chiodo,
- la
< ż e żż > (suono sonoro di zero) che deriva dalla < g+ vocale palatale>,
sia in posizione iniziale che intervocalica: es. żenn’r', żimm’ , friżż’r (genero, gobba, friggere) a fronte del siciliano: iènniru, immu,friiri.
- la
< zz- > (suono sordo di piazza, zio) che deriva da < c + vocale palatale>
es: (cenere, ceppo), contro il siciliano cinnira e cippu . zzinn’ra, zzipp’
- la
< sg > (suono che richiama più o meno quello del francese jamais, je) da
<-c-> intervocalica seguita da vocale palatale es. -c-> d‘isgìa, crusg’, stasgìa, brusgè (diceva, croce, stava, bruciava), in siciliano: diciva, cruci, staciva,
bruciari;
- la
< ngh >, l’esito forse più
tipico, cioè la velarizzazione della nasale in finale di parola singolare che
termini con <-uno -ino="" ano="" one="" ono=""> es.: ungh’,ż’r'mingh’,
mangiungh’ , pangh’, vingh’, purtungh’-uno> (uno, cicatricola, mangione, pane e vino
L’abbandono di questi esiti, sentiti come lontani dal siciliano, in un
certo senso rustici e pesanti, è la caratteristica che fa la differenza tra la
parlate arcaiche,parrer’ accuscì o a carcarazza e quella sicilianizzata, parrar’ accussì.
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