Un piano di salvaguardia per il Cavallo Sanfratellano

Mantello scuro, statura robusta e massiccia ma è anche molto docile con l’uomo. È un ottimo compagno di trekking e ideale per l’ippoterapia.



di Anna Sampino.
Mantello scuro, portamento fiero, robusto, ma anche molto docile e soprattutto siciliano. È il cavallo Sanfratellano. Originario dei monti Nebrodi, è un animale autoctono e da sempre vissuto allo stato brado. Più di 5 mila gli esemplari allevati. In attesa di essere confermato il suo riconoscimento ufficiale di razza equina.

A giudicare dalla numerosità degli esemplari che popolano il Parco, il cavallo Sanfratellano si può di certo definire il padrone indiscusso dei monti Nebrodi. Razza autoctona siciliana, come testimonia il suo stesso nome, che deriva appunto da San Fratello, uno dei comuni messinesi che rientra nell'estesa area del Parco dei Nebrodi. 


È un animale presente da secoli in Sicilia e da sempre vissuto allo stato brado. Difficile risalire alle sue origini: alcuni ritengono sia un discendente dei cavalli siciliani, equus sicanus, già noti in età greca e romana; secondo altri, invece, suoi antenati sarebbero i cavalli portati dai Lombardi nell'XI secolo. 

Certo è che, stabilitosi sui monti e boschi siciliani, il Sanfratellano è ormai un cavallo endemico dell'isola ed è sui Nebrodi la sua culla. «Il cavallo Sanfratellano, allevato allo stato brado da secoli nell'area del Parco - spiega Giuseppe Antoci, presidente dell'ente Parco dei Nebrodi - costituisce un elemento di pregio e caratterizzante del patrimonio faunistico e socio-culturale dei Nebrodi da tutelare. La sua storia e l'inscindibile legame con il contesto territoriale in cui è inserito lo rivestono, infatti, di un notevole valore simbolico ed identitario, rendendolo motivo di orgoglio per la popolazione locale». 


Diversi gli appuntamenti annuali che lo vedono protagonista in particolari ricorrenze: dalla Mostra mercato cavallo Sanfratellano, che si tiene solitamente nel mese di settembre, nella contrada Passo dei Tre, a pochi chilometri dal comune di San Fratello, alla tradizionale cavalcata che accompagna il pellegrinaggio fino al monte Vecchio (o monte San Fratello), dunque al santuario dedicato ai tre Santi patroni del luogo: Alfio, Filadelfio e Cirino. 

Suo tratto caratteristico è il mantello molto scuro, dalle varianti morello, baio o baio castano. Avendo poi vissuto per secoli allo stato brado, nei boschi nebrodesi, si è evoluto adattandosi alle rigide temperature invernali, ma anche a quelle calde estive. Condizioni ambientali che hanno così determinato la sua statura robusta e massiccia. 

Essendo però anche un cavallo da allevamento è anche abbastanza docile con l'uomo. «Bellezza, robustezza e adattabilità hanno ben presto attirato l'interesse degli appassionati e degli studiosi, che, grazie anche al lavoro serio e fruttuoso degli allevatori con la collaborazione preziosa dell'Istituto Incremento Ippico di Catania, hanno favorito diversi incroci con i cavalli arabi e maremmani che hanno permesso di ottenere un animale splendido dal punto di vista morfologico, resistente alla fatica e adattabile a diverse attitudini», racconta Antoci. 

Grazie alla sua docilità e, allo stesso tempo, resistenza il Sanfratellano è anche un ottimo compagno di trekking; ma non solo: negli ultimi anni è ormai diventato il cavallo ideale per l'ippoterapia. «Ma questo nobile animale è e può, ulteriormente, diventare uno strumento di crescita economica per quei settori produttivi locali che spaziano dall'imprenditoria agricola, alla ricerca scientifica fino al turismo. Pertanto è doverosa una costante attività di tutela nei confronti di questo esemplare. L'impegno si è adesso concentrato sulla accelerazione dei tempi per il riconoscimento della razza per poter così sostenere, con specifiche misure della nuova programmazione europea, la sua valorizzazione. Su tale tema c'è già un impegno da parte del governo regionale e in particolare l'assessore regionale alle risorse agricole, Dario Cartabellotta, che si è già espresso per il rilancio di tale percorso», ha concluso Giuseppe Antoci. [fonte: Giornale di Sicilia]

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