Tra questi il friulano, il sardo galurés, il griko
calabrés e il galloitalico.
Nel 2012 l’Unesco lanciò l’allarme sul pericolo di
estinzione dei dialetti. In Italia ci sarebbero addirittura il sardo, il
siciliano e il napoletano, assieme ad altre lingue locali meno conosciute.
A
rischio c’è il töitschu, lingua parlata da una piccola comunità di genti
walser, residenti a Issime, un comune della Valle d’Aosta. Parlato ancora da
una piccola comunità di abitanti è il guardiolo, dialetto occitano tipico del
borgo storico di Guardia Piemontese (Cosenza). La lingua occitana, che deriva
dal latino, ha origini nel Sud della Francia; in Italia è parlata in alcune
vallate piemontesi e ha raggiunto il profondo Sud in seguito agli spostamenti
delle popolazioni avvenuti nel XIV secolo, soprattutto per sfuggire alle
persecuzioni contro i valdesi.
Un idioma slavo è ancora
utilizzato da 5 mila abitanti del Molise e rischia di scomparire di estinzione,
anche se meno di altri. In Sicilia, circa 65 mila abitanti parlano ancora il
gallo italico, fra San Fratello, Novara di Sicilia, Nicosia, Piazza Armerina, Sperlinga ecc...
Fra i 30 dialetti d’Italia a rischio ci sono anche il friulano, il
sardo galurés, il griko calabrés, il griko salentino, il ladino, il lombardo,
il veneciano, e il provenzal alpino. A favorire il fenomeno, secondo gli
studiosi, è l’atteggiamento negativo nei confronti del dialetto delle nuove
generazioni, ma anche l’urbanizzazione e le migrazioni, che modificano
tradizioni e costumi, trascinando nel vortice del progresso anche le forme
dialettali più arcaiche.
Fonte: lettera43.it
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