POLITICA
Nessun professionista è intervenuto alla convocazione. Tra le 18 famiglie sfollate serpeggia delusione e rabbia ma
anche rassegnazione.
Salvatore Mangione.
Un primo tentativo di conferenza dei servizi tecnici, con i
professionisti del territorio, indetta dall'Amministrazione comunale, è andata
praticamente deserta. Si auspica che si possa arrivare al varo di un progetto
esecutivo di riqualificazione del paese, che dopo l'ennesimo episodio di
dissesto idrogeologico del febbraio del 2010, non ha mai visto insieme i
tecnici del territorio: architetti, ingegneri, geometri, geologi. Fatto che
invece sarebbe molto importante per programmare il recupero e la ripresa del
paese.
Se a questo si aggiunge il fatto che i funzionari della
Protezione Civile sia regionale che nazionale hanno lasciato il paese senza un
presidio, si comprende che la situazione è grave. Occorre che vengano censite le abitazioni da abbattere, così
come stabilito da precedenti ordinanze sindacali emesse nel momento che il
primo cittadino era, per legge, anche responsabile dell'Ente attuatore delle
disposizioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Inoltre tutti i fabbricati che necessitano di interventi di
ristrutturazione e che al momento, dopo sei lunghi anni, non sono ancora
fruibili e costringono i proprietari a vivere in case affittate o luoghi di
fortuna. Inoltre occorre un censimento reale delle persone sfollate ed in stato
di necessità, per rivolgere alle autorità competenti i necessari protocolli per
equiparare la vita economica e sociale.
Le necessità di tanta gente sono state dimenticate e solo
con una presenza tecnica capace e significativa si potrebbe sperare nel futuro.
Il famoso Coc, l'ufficio che accoglieva le istanze del primo momento
dell'emergenza è stato accantonato come se tutto ormai fosse stato pianificato.
Nulla di tutto ciò, anzi più passano i giorni e più si sente la necessità di
riprendere l'argomento e trovare le soluzioni al grave stato di abbandono e di
trascuratezza. Non si può fare finta che i problemi non esistono perché così
facendo si aggravano. Oltre a tutto ciò pensiamo alle condizioni in cui sono
costrette a vivere le 18 famiglie che hanno ancora mobili e masserizie nelle
case popolari del quartiere Stazzone e non possono abitarvi perché dichiarate
sfollate.
fonte: gazzetta del sud
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