Aiace: “Il Comune di Acquedolci faccia la sua parte e valorizzi il castello”


“Invitiamo l’Amministrazione e il Consiglio comunale di Acquedolci ad esercitare il diritto di prelazione, attraverso la Soprintendenza di Messina, su un’area, di recente, oggetto di alienazione. Quest’ultima può essere considerata un settore organicamente inserito nel complesso di edifici del castello di Acquedolci di rilevante interesse storico-archeologico, la cui acquisizione sarà una premessa indispensabile per il recupero dell’intero sito”.
Così il segretario nazionale di Aiace, Associazione consumatori che vanta in tutta Italia settemila iscritti, Giuseppe Spartà.
La fortezza si trova in stato di completo abbandono, nonostante il castello meriti di essere restaurato e valorizzato. Solo una parte del castello è, però, di proprietà comunale.
“Il Comune di Acquedolci – precisa Spartà – ha l’occasione di acquisire, in via di prelazione, un considerevole lotto di proprietà privata che il 15 novembre 2017 è stata alienata mediante asta giudiziaria nell’ambito della procedura fallimentare n. 08/97, avvenuta dinanzi al Tribunale di Patti”. Com’è noto i beni ricadono in zona “A” (zona urbana di interesse storico), nel piano urbanistico destinata alla “realizzazione di strutture e impianti strettamente connessi al complesso del “Castello Cupane”, e rivestono particolare interesse storico-culturale.
Nel lotto alienato insiste ormai l’unica via di accesso carrabile al castello, ma si distinguono ancora i resti di un canale (“saja”) che permetteva il funzionamento di un mulino “soprano” e della “gualchiera” per la produzione della lana che ricadevano nella stessa area alienata: si tratta di resti di quelle attività agricole e industriali che caratterizzavano il borgo della “Marina Vecchia” sorto attorno al complesso del Castello, il nucleo più antico dell’abitato di Acquedolci.
Il castello di Acquedolci venne edificato tra il XV e il XVIII secolo attorno ad una torre fatta costruire nel 1498 da Antonio Giacomo Larcan, membro della famiglia di origine catalana che deteneva la baronia di San Fratello. Si tratta di un complesso di edifici che, per secoli, è stato il cuore politico ed economico di una comunità e del suo territorio, basti pensare alla vicina tonnara e all’impianto per la lavorazione della canna da zucchero (trappeto) installato presso il castello e rimasto in uso tra il XVI e il XVIII secolo.


fonte: messinaoggi.it 

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