Frà Giuseppe Maggiore.
Quando nel 2004 al cinema
proiettarono il film The Passion of the Christ, la Passione di Cristo,
scritto e diretto da Mel Gibson, molta gente è rimasta esterrefatta e
impressionata dalla quantità di lividi e di sangue che grondava dal corpo
dell’attore che interpretava Gesù.
Fra Umile al secolo Giovan Francesco Pitorno entra
tra i Frati Minori della Riforma nel 1623, già in età adulta. Prima di
indossare il saio francescano lavorò come falegname nella bottega del padre e
da frate continuò a lavorare così come sapeva, proprio come lasciò detto nel
suo Testamento il Serafico Padre Francesco: “Ed io lavoravo con le mie
mani e voglio lavorare; e voglio fermamente che tutti gli altri frati lavorino
di un lavoro quale si conviene all’onestà. Coloro che non sanno, imparino,
non per la cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro, ma per dare
l’esempio e tener lontano l’ozio.”
Infatti Fra Umile appartiene alla lunga schiera di frati non
sacerdoti che entrando nell’Ordine Francescano continuarono a svolgere il
proprio mestiere. Se ancora oggi entrando in una chiesa o in un convento
possiamo ammirare i cibori, i mobili delle sacrestie o gli scafali delle
biblioteche tutti scolpiti o intarsiati è grazie a quei fraticelli che,
lavorando, hanno acceso lo spirito di orazione e devozione.
Fra Umile certamente l’ozio lo tenne lontano, perché così come
ci viene tramandato dalla tradizione, il frate scolpì trentadue Crocifissi
sparsi in vari conventi e un Ecce Homo che si trova a Calvaruso,
nel convento dei Frati Minori Riformati ora abitato dai Frati del Terz’ordine
Regolare di San Francesco.
Uno di questi Crocifissi è nel ex convento della Riforma
Francescana aSan Fratello. Il convento e la chiesa intitolata a Santa
Maria di Gesù, oggi parrocchia Maria Ss. Assunta, è stato costruito nel 1617 in
onore del Beato Benedetto il Moro, santo di origine africane nato nel
1589 nel piccolo centro nebroideo. Quindi pensiamo che il fraticello madonita
tra 1624 e il 1639, data della sua morte, si sia fermato a San Fratello per
scolpire il Crocifisso che grazie alla donazione della Famiglia Triscari dopo
tanti anni è stato restaurato dalla ditta Schilaci di Trecastagne.
Dopo circa quattro mesi di lavori di restauro, sabato 6
ottobre il Crocifisso tornato al suo splendore originario, ritorna a San
Fratello.
“Una folla immensa lo ha atteso davanti alla Chiesa di
San Benedetto– ci dice emozionato il vice parroco Don Francesco De Luca– e
una folla interminabile in religioso silenzio, lo ha accompagnato sino in
parrocchia, dove è stato esposto per la venerazione sino a mercoledì 10
ottobre”.
I sanfratellani hanno una devozione particolare per il
Cristo Crocifisso. Ricordo che nel 2010, dopo la frana che ha causato danni
terribili, distrutto la chiesa di San Nicolò, le scuole e fatto evacuare
migliaia di persone dalle proprie case squarciate e quasi rase al suolo,
tantissimi giovani presero sulle loro spalle il Cristo Crocifisso, seguiti da
una folla immensa che accompagnava quel silenzio assordante con un pianto che
veniva trasformato in preghiera, affidando ogni cosa all’Uomo Crocifisso.
Girarono ogni angolo del paese che come Israele era rimasto senza Tempio e con
un futuro incerto. Dinnanzi al mistero della Croce l’uomo sta in silenzio.
“Dopo la Liturgia della Parola- continua Don Francesco-
abbiamo lasciato il Crocifisso a terra, in modo che la gente lo venerasse e lo
guardasse: per ben quattro giorni c’è stato un via vai interminabile di
persone.”
La gente si ferma davanti a Cristo in croce baciandolo,
fissandolo negli occhi semi aperti, toccando quella spina conficcata nel
sopracciglio, segno distintivo dei crocifissi scolpiti dal frate francescano.
Chissà quante preghiere, quante richieste, quante lacrime sono state versate
sul quel legno che rappresenta il Signore morto ma nello stesso tempo risorto.
Fra Umile o Fra Innocenzo da Petralia, cosi come tanti altri frati scultori,
mostra come il fine dello scolpire Crocifissi è quello di un annuncio di fede
vero e proprio, ovvero la proclamazione del kerygma, della Buona Novella:
Cristo morto e Risorto, verità fondante la fede cristiana.
L’esagerata tumefazione del Corpo con diversi segni di
lividure, percosse, scorticature, ferite, non sono affatto un’eccessiva
dilatazione iconografica, ma rispecchiano, in effetti, l’itinerario doloroso
che va dall’Orto del Getsemani al Calvario e che il restauratore ha saputo
riportare alla luce.
È necessario però non fermarsi a quel legno magistralmente
scolpito, ma incarnare nella propria vita il messaggio evangelico di Cristo che
allargando le braccia accoglie ogni uomo e donna, che predispone il cuore
all’accoglienza e al perdono.
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