Dopo Floresta anche i cacciatori si scagliano contro l'ampliamento.
“Il Parco dei Nebrodi, dopo 20 anni dalla sua istituzione,
non ha raggiunto nessun obiettivo; i Comuni che ne fanno parte sono stati
abbandonati e le poche attività che l’Ente ha promosso, non hanno portato
sviluppo e benefici al territorio”.
E’ duro il commento del Comitato di Protesta e
di proposta del Parco dei Nebrodi che interviene dopo l’approvazione di un
ordine del giorno, da parte del Consiglio Comunale di Floresta, per uscire
dall’Ente in seguito all'ingresso di altri comuni che con pochi ettari di terreno vincolati, avranno la capacità di veicolare le direttive del Parco.
“I numerosi divieti – prosegue il Comitato – hanno determinato l’abbandono
del territorio che è rimasto nell’incuria totale, con zone di bosco
abbandonati, strade impercorribili, fauna inesistente mentre si sono
moltiplicati in misura esagerata i predatori come volpi, martore, cinghiali,
ghiri che stanno distruggendo tutto”.
“Lo Sport della caccia che con i suoi
numerosi appassionati, provenienti da tutta la provincia ed oltre, portava
ricchezza nei paesi del Parco – afferma il Presidente dell’associazione Pietro
Miraglia – è stato fortemente penalizzato fino alla definitiva espulsione”.
“Oggi la propaganda politica della Regione Sicilia – afferma Salvatore
Lionetto, componente del comitato – non potendo accontentare i sindaci del
territorio che chiedono investimenti e lavoro, ha deciso di allargare il
territorio del Parco ad altri 24 Comuni, molti dei quali, non hanno alcun
requisito ambientale e addirittura nel progetto sono inseriti comuni che hanno
solo pochi ettari di territorio.
I Comuni storici del Parco dei Nebrodi hanno
vincolato 85 mila ettari mentre i 24 enti che intendono entrare hanno messo a
disposizione, complessivamente circa 5 mila ettari di territorio”.
“Chiediamo – conclude Miraglia – la riduzione del territorio vincolato
fino ad una superficie che possa essere facilmente gestita, controllata e finanziata,
lasciando libere le attività venatorie e rurali ed evitare così una catastrofe
dell’ambiente. E’ infatti facilmente comprensibile come un territorio di 85
mila ettari non possa essere gestito con risorse finanziarie irrisorie anche in
considerazione del fatto che, ultimamente, si è rischiato di non poter pagare
gli stipendi al personale”.
fonte: Amnotizie.it
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