STORIA
Anticipando di più di un secolo la diffusione della carta
come supporto alternativo alla pergamena, il manoscritto, redatto in due
lingue, ebraico e arabo, testimonia quanto sia penetrata in Sicilia, anche in
età normanna, la cultura musulmana.
Nella sede “Catena” dell’Archivio Storico di Palermo
(ex-convento dei Teatini), che raggiungete da Corso Vittorio Emanuele, è
conservato il documento cartaceo più antico del mondo occidentale. La
produzione della carta in Europa fu introdotta probabilmente alla fine dell’XI
secolo in Spagna e, solo all’inizio del XIII secolo, si avvia la produzione
nelle cartiere italiane.
Il documento è firmato da Adelasia Del Vasto (Piemonte, 1074- Patti, 16
aprile 1118), nota anche come Adelasia degli Aleramici, terza moglie di Ruggero
d’Altavilla (Hauteville-la-Guichard, 1031 circa – Mileto, 22 giugno 1101) Gran
Conte di Sicilia, fondatore della dinastia normanna in Sicilia, e madre di
Ruggero II. Il matrimonio tra Ruggero e Adelasia avvenne nel 1089 a Mileto, in Calabria,
suggellando l’alleanza tra aleramici e normanni. La Sicilia era ormai
interamente sotto il controllo normanno dopo quasi due secoli di dominazione
araba.
L’arrivo di Adelasia al porto di Messina avvenne in pompa
magna. Dalle navi furono sbarcate dote, scorta e un seguito di suoi conterranei
piemontesi che l’avevano seguita per insediarsi in alcune zone dell’isola
(cominciò in quel periodo un flusso migratorio che si protrasse fino al XIII
secolo – ancora oggi esistono alcune isole linguistiche nel cuore della Sicilia
dove si parla un antico dialetto Gallo-Italico, in particolare nelle località
di Sperlinga, Nicosia e San Fratello).
I coniugi ebbero due figli: Simone,
morto a dodici anni, e Ruggero. Dopo la morte del marito, Adelasia fu reggente
del regno fino al 1112, anno in cui il figlio Ruggero raggiunse la maggiore
età. Durante il lasso di tempo che occupò da governatrice Adelasia produsse il
documento giunto fino a noi: è un mandato del 1109 in cui la contessa ordina ai
vicecomiti di Castrogiovanni (l’attuale Enna) di proteggere il monastero di San
Filippo di Demenna, ubicato nella Valle di San Marco, che rientrava fra i suoi
possedimenti.
Fu redatto su carta proprio perché si trattava di un atto di
natura transitoria; in caso contrario, si fosse cioè trattato di documento dal
tono solenne, sarebbe stata usata la pergamena, come in uso a quel tempo. Nel
documento sono ancora visibili le tracce del sigillo in ceralacca. “A noi
arriva dallo speculario dell’Abbazia di San Filippo di Fragalà, che nei secoli
successivi fu acquisito dall’Ospedale Grande di Palermo, per giungere, infine,
insieme con molti altri tabulari, nell’Archivio di Stato”, dichiara Claudio
Torrisi, il direttore dell’ Archivio di Stato di Palermo, dalle pagine di
“Storica”, rivista del National Geographic che al manoscritto ha dedicato un
servizio.
Attualmente il documento è consultabile facendone richiesta
scritta. Viene esibito solo in occasione di eventi straordinari o durante le
domeniche di marzo, in adesione ad un progetto ministeriale legato alla Festa
della Donna, come segno, autografo, lasciato da una donna che, seppur
transitoriamente, ha governato un regno.
Dopo che il figlio Ruggero occupò il posto di regnante cosa
accadde ad Adelasia? L’anno successivo alla dismissione del ruolo di reggente
la contessa sposò in seconde nozze Baldovino di Boulogne, incoronato, il giorno
di Natale del 1110, re di Gerusalemme. L’approdo in Oriente non fu meno
sfarzoso di quello avvenuto precedentemente in Sicilia. Un cronista dell’epoca
ne descrisse i fasti: “aveva con sé due triremi, su ognuna delle quali erano
imbarcati 500 guerrieri e sette navi cariche d’oro, argento, porpora e ingente
quantità di pietre preziose e stoffe magnifiche nonché armi, corazze, spade,
elmi e scudi”.
Baldovino, che si occupava prevalentemente di dilapidare il
patrimonio di Adelasia, aveva però nascosto di essere ancora legato ad un
precedente matrimonio. Quando Adelasia lo scoprì, nel 1117, ottenne
l’annullamento del vincolo e il ripudio da parte di Baldovino. Decise quindi di
tornare in Sicilia e di ritirarsi a Patti, dove morì l’anno successivo. Ancora
oggi, nella cattedrale di Patti, sono conservate le sue spoglie. Il coperchio
dell’urna, di età rinascimentale, ne ritrae l’esile figura. A Palermo le è
dedicata la via che conduce dalle vie Costantino Lascaris e Guglielmo Albimonte
alle vie Villa Caputo e Contessa Giuditta.
fonte: cosedafareinsicilia.it
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