Viaggio nella San Fratello del XVIII secolo

STORIA
La descrizione di San Fratello dal testo originale della splendida opera di Vito Amico, il Dizionario topografico della Sicilia, tradotto a metà dell'800 da Gioacchino Di Marzo.

S. FILADELFIO. (Lat. S. Philadelphus. Sic. S. Frateddu (V.D.)) Paese congiunto ai colli che sovrastano il littorale aquilonare della Sicilia a 3 miglia, tra il fiume Furiano e Rosmarino, il Chida degli antichi, quantunque fra entrambi scorrane un altro appellato dall'Inganno, e sia incerto agli scrittori sinora quale dei primi due siasi stato il Chida. 

Attestano alcuni, dagli avanzi dell'antica Alunzio che osservansi non lungi nel colle, essersi formato S. Filadelfio, il che ad ogni costo sostengono gli abitanti. Parlando di sopra io di ciò, dissi essere indecisa ancor la cosa, imperocché altri stabiliscono Alunzio a S. Marco. 

Osservansi per fermo, come avvisai, nel colle vicino, ruderi di non piccola terra, che confesso, costituita altrove Alunzio, ignorare a che si appartengono. Tra questi si ha una lapide nel muro occidentale della Chiesa che dicesi essere stata un tempo Abazia dell'ordine di S. Basilio, con questa iscrizione: Populus Domun Hierasii Beneficii Ergo Diis Omnibus. Ed anche in angolo d'una cappella della Chiesa parrocchiale di S. Nicolò, nel paese, è un'altra lapide colla scritta (sosipolis), la quale fu trasferita dal colle vicino, a voler trasandare delle lucerne, dei vasi, dei mattoni, e di altri oggetti siffatti, che presentano certi indizii di antica abitazione, sebbene nulla affatto particolarmente dinotino di Alunzio.


Imperocché le altre cose, che volgarmente si adducono sulle ossa dei giganti, sopra Turio fondatore, sulla vicina città di Vascona, non sono che sogni del volgo, nè voglio trattenermi a notarle. Del resto il sito di S. Filadelfio è declive verso Austro, Occidente ed Oriente, imperocché da settentrione sorgeva nell'atto un'antica rocca, magnifica un tempo, oggi nota dagli avanzi; in un poggio verso Occidente è la Chiesa maggiore decorata del titolo di Maria Assunta, in altro ad Oriente la Chiesa parrocchiale di S. Nicolò che emula la prima pel luogo primario e l'antichità della fondazione; entrambe sono frequqntate da Clero a se, e sotto Parroco proprio, che ne intendono gareggiando con pia emulazione ai divini ufficii, e nella prima che è la sede dell'Arciprete, ornata di doppio ordine di colonne, dicesi conservarsi con somma venerazione o in tutto o in parte i corpi dei SS. Alfio, Filadelfio e Cirino, che tuttavia i Leontini affermano ostinatamente essere appo loro interi; sono i primarii patroni degli abitanti, ed affermano esser venuto il nome volgare al paese dai Santi Fratelli, cambiato poi in S. Filadelfio, ed in S. Fratello. 


Sotto la Chiesa di S. Maria un elegante Monastero accoglie le sacre vergini intente alla esatta custodia degl'istituti dell'Ordine di S. Benedetto. Verso settentrione fuori le mura è il convento dei Min. Riformati detto di S. Maria di Gesù e di S. Antonio, che conosce l'origine dal 1616. Erano, secondo la tradizione, i conventi di S. Domenico e di S. Francesco del terz'ordine, ma ne avanzano appena ruine. 


Tra le Chiese filiali l'antica del 10000 Martiri era soggetta alla Basilica Lateranense; sacerdoti destinati vi amministrarono i sacramenti come anche in S. Giovanni presso i Riformati; altra sotto gli auspicii del SS. Crocifisso di figura ottogona sorge ammirabile per le fabbriche e per gli ornati; nella casa degli Eremiti dei SS. Fratelli rimangono delle nicchie, nelle quali attestano aver deposto S. Tecla i beati loro corpi. 



Si ha il paese stemma proprio, cioè una aquila nel di cui petto è una fascia col motto Spero. E' sede di un Istruttore della milizia indigena, qual carica esercita il Barone che scegliesi in Legato. Gode del mero e misto impero o dell'assoluto dritto di armi, e comprendesi nella comarca di Mistretta. Si ha cura delle cose sacre un Vicario dell'Arcivescovo di Messina. Sorveglia al civile il Magistrato, assegnato annualmente dal Barone. 


Il registro fatto sotto Carlo V recava 636 case, e nel 1595 eran 2300 anime; nel 1652 le case 950 e 3419 abitanti, nel 1713 le case 858 e i cittadini 3236, che ultimamente 3613. Nel sottoposto lido detto dalle Acque dolci sorge l'ampio turrito palazzo del Barone con artiglierie, ed umili case all'intorno. 


L'esteso territorio è fertile. ameno, e ricco di biade, seta, olio, vino, ortaggi e frutti, nè sottostà ad alcun altro, adattissimo parimenti alla caccia. E' S. Filadelfio, nè erroneamente, una delle colonie di Lombardi addotte dal Conte Ruggiero, il che ci mostra chiaramente il linguaggio degli abitanti, il più oscuro degli altri dalla medesima gente in Sicilia stabiliti. 

Fiorì il paese sino ai nostri tempi, ma ultimamente nel 1754 dopo non poca pioggia in molti jugeri sprofondando il suolo, quasi una metà verso ponente ne trasse in ruina, ed aprendosi la terra, assorta quasi in metà la parrochia stessa di S. Maria, perì con gran perdita, ed in luogo più opportuno prese a rifabbricarsi. 


Sta in 38° 10' di lat. ed in quasi uguale long. Non ritroviamo, sotto il dominio di cui sia stato S. Filadelfio al tempo dei Normanni e nei primi anni degli Aragonesi. Sotto Federico III se l'ebbe la famiglia Aragona, ma essendo mancato al dovere Vinciguerra figliuolo di Federico Aragona, perdette le signorie, che diede il medesimo Prence ad Oliveri di Messina, cui succedette Enrico Russo, che divenne fellone anch'egli verso la fine del secolo XV; quindi nel censo di Martino del 1408 nominavasi Barone della terra e del castello di S. Filadelfio, Angelotto di Larcan, i di cui eredi se ne dicono padroni sino allo scorso secolo XVII. 

Appo Barberi che reca in lungo la serie, notasi ultimo Antonio Larcan. Chiese sotto Alfonso il paese di essere ascritto al Demanio, ma ne fu rigettata la domanda; novellamente pregollo sotto Ferdinando ma ivano. Il censo del 1595 reca Signori i Larcan de Soto come anche Sancetta nel 1628. Giuseppe Lucchesi divenuto Marchese di Delia, come erede della zia Giulia Spatafora e Larcan conseguito S. Filadelfio nel 1639, lasciollo ai figliuoli Gaspare e Pietro, dei quali quegli morì senza prole. celibe Pietro chiamò in successione la sorella Giulia, che unita in matrimonio a Nicola Antonio Lucchesi gli partorì Anna Maria moglie a Ferdinando Gravina Principe di Palagonia, da cui Ignazio Sebastiano padre di Ferdinando II, il quale vive Barone di S. FIladelfio e siede il IV posto nel parlamento

Oggi S. Filadelfio è un capo-circondario di terza classe in provincia di Messina da cui dista 86 m., distretto di Mistretta donde 27, e diocesi di Patti. Se ne estende il territorio in sal. 4546, 397, delle quali 84,866 in giardini, 21,713 in orti semplici, 0,334 in canneti, 1472,415 in seminatorii semplici, 2132,124 in pascoli, 121,500 in oliveti, 102,060 in vigneti semplici, 8,611 in ficheti d'India, 600,631 in boscate, 2,143 in suoli di case. Il suo maggior commercio di esportazione consiste in grano, olio e cacio poiché il territorio è ubertosissimo in pasture. L'aria ne è buona. Vi si contava nel 1798 una popolazione di 4124 anime, di 5895 nel 1831 e finalmente di 2275 nello scorcio del 1750.


Uomini illustri: Il B. Benedetto cognominato il nero dal colore del suo volto, cospicuo tuttavia per candore di animo e di costumi; abitò in prima nell'eremo, poi trai Minori Riformati, e splendette dotato di esimie virtù, e fu onorato da Dio di maravigliosi prodigii in vita ed in morte; ne sono pubblicati per le stampe i fatti, e recati in gran copia appo il Tognoleto; il quale encomia eziandio le vergini Brigida Carbonetta ed Alessia Steccato, seguaci del medesimo istituto, che fiorirono nello scorso secolo per innocenza di vita ed esempii di virtù singolare; non che Serafino Definitore generale del medesimo Ordine chiarissmo per proibità. Celebransi nella Bibliot. Sicola Gian Domenico Candela della Comp. di G., insigne Teologo e Predicatore, che resse la provincia, pubblicò dei libri sulla Verginità; e morì in Catania nel 1606 con gran fama di bontà; e Giuseppe Cajola della medesima Comp. sommo Oratore Evangelico; legato di Sicilia alle romane radunanze; e promosso finalmente alla reggenza della provincia pubblicò le sue orazioni quaresimali predicste per 4 lustri.


Fonte: Dizionario topografico della Sicilia di Vito Amico (1697-1762), tradotto dal latino ed annotato da Gioacchino Di Marzo  a Palermo nel 1855.

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