Fra Giuseppe Maggiore.
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso
Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto
degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte;
entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno.
Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”,
risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”».
Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul
puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro
mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi,
quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a
gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:
«Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore.
Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».
Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro,
rimprovera i tuoi discepoli». Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi
taceranno, grideranno le pietre».
Domenica delle Palme, domenica di Passione, inizio della
Settimana Santa.
La mia mente va indietro nel tempo, quando noi bambini
vestiti a festa agitavamo le palme che gli anziani intrecciavano con cura e
devozione. Tante le immagini che mi scorrono davanti agli occhi come un film: i
sacerdoti che proclamavano il Passio, la Coena Domini il giovedì
santo in un italiano arcaico, con uno stile recitativo che appassionava gli
anziani e che lasciava sbigottititi i bambini che aspettavano l’intervento di
Giuda, interpretato magistralmente da un calzolaio, il signor Cirino
Mazzulo che metteva tutti in atteggiamento di profonda riflessione e
religioso silenzio. Le processioni affollate del venerdì santo, la marea dei
turisti provenienti da ogni parte del mondo per vedere i famosi Giudei di
San Fratello. In tutto questo mixage di folklore e fede, un messaggio
chiaro: Dio ci ama a tal punto da dare la vita per ognuno di noi.
Ora che non sono più un ragazzino, le immagini sono
cambiate, ce ne sono altre, altrettanto belle ma più profonde, più
significative.
“Osanna al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel
nome del Signore”. Questa l’acclamazione della gente semplice, che
accoglie Gesù nella città di Gerusalemme. Ci sono tutti: grandi
e piccoli, uomini e donne, poveri, semplici, storpiati nel corpo e nella vita.
Nell’ascoltare ancora una volta questo versetto di
accoglienza nei confronti di colui che viene nel nome del Signore, la mia mente
corre verso un’altra immagine: Papa Francesco che si getta ai piedi
dei leader del Sud Sudan per implorare la pace.
Come sempre non sono mancate le critiche e le polemiche
sterili e vuote di chi dimentica facilmente che il Vangelo non è un
libro da leggere, scegliendo le pagine che piacciono, e che soprattutto non
disturbano la nostra coscienza formata non secondo la logica di Dio, ma secondo
logiche prettamente umane, ma è seguire una Persona, Cristo.
Cristo che si cinge il grembiule, si inginocchia davanti a
Pietro che lo rinnegherà, a Giuda che lo tradirà e davanti a gli altri, che
tranne Giovanni, scaperanno tutti, lava i piedi. Un servizio, che riservato
agli schiavi, diventa liturgia, cioè azione di Dio per l’uomo. Il cristiano,
vero seguace di Cristo non può esimersi di incarnare la Parola, non può
scansarsi di essere Cristo. “Arrossisci, o superba cenere! Dio si umilia e
tu ti esalti?” scriveva San Bernardo,
Questa settimana è l’occasione propizia per poter
conformarci a Colui che è Misericordia, che è Pace, che è Gioia, sapendo che
lottare per queste realtà desiderate da ogni uomo, significa sofferenza e
morte.
Osanna è il grido entusiasta di chi vuole la liberazione
senza sudarsela, di chi vuole vincere facile. Alla domanda di Gesù “Sei
pronto a bere il calice che io bevo? Sei pronto a seguirmi sino alla morte” forse
in un momento di entusiasmo spirituale diremo di si, ma poi? Siamo sicuri di
non scappare, rinnegare e tradire come hanno fatto Pietro, Giuda e compagni?
È più facile scegliere il “Barabba” di turno, che
ci promette la pace, la liberazione, un redito sicuro… Pace e liberazione non
significa respingere, armarsi, alzare barricate per stare tranquilli. Questo è
contro la logica della Passione di Cristo e della sua Resurrezione.
Credo che ciò che manca a noi è la vera conoscenza di
Cristo. San Girolamo diceva l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di
Cristo.
Secondo il nostro modo di pensare, Gesù si poteva e si
doveva ribellare, aveva tutti il diritto e i mezzi per farlo. Poteva far
cessare la “pacchia” dei romani, dei farisei e di Erode, eppure è lontano da un
simile linguaggio discriminatorio e giudicante.
Perché non si ribella? Perché non fa giustizia? E’ il
mistero del suo amore che, al contrario, si traduce in parole inaudite,
scandalose per noi che siamo crudeli come tutti i crocifissori di ogni
tempo: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno?” Immagino
gli insulti dei nuovi dottori della legge odierni. Proviamo ad
immaginarli: “tu, buonista, perché i poveri, i lebbrosi, i pubblicani, gli
ultimi e gli emarginati che tanto ami non li porti tutti a casa tua? Se sei
davvero un uomo vero, perché non ti difendi e aiuti prima noi che siamo
credenti?” Ancora oggi come allora continuiamo a schernirlo, a deriderlo,
a rifiutarlo come Dio presente nei fratelli e nelle sorelle rifiutati,
respinti… ancora una volta è considerato un avversario, nemico, criminale,
delinquente.
Ancora una volta si fa carne la Parola: “sono verme,
non uomo”.
Forse dovremo imitare il ladrone che consideriamo buono. Lui
ha rubato, ha recato dolore a tante persone, ha respinto il prossimo, eppure ha
saputo cogliere il momento di grazia che gli si presentava. “Gesù, Gesù,
tu che puoi farmi entrare nel tuo regno d’amore, portami con te o almeno
ricordati di me quando sarai nel tuo regno?” La risposta di Gesù è
immediata, dolcissima, traboccante di bontà e di perdono. “In verità io ti
dico, fratello mio: Oggi con me sarai nel Paradiso”.
Con me. Con me. Starei ore ad ascoltare questa sinfonia
eterna: “Oggi, oggi, con me, con me sarai nel paradiso?”
Non gli dice: “hai sbagliato, paga”. Il nostro amore è
scialbo, mediocre, tiepido, nauseante. Non è amore. Intanto Gesù continua a
distribuire a piene mani la misericordia e lotta con il dolore.
Noi ci fermiamo all’ingresso trionfante di Gerusalemme, non
sappiamo andare oltre, non sappiamo amarlo, non abbiamo il coraggio di seguirlo
su quella croce. Su quella croce che con il nostro stile cattivista stiamo
inchiodando migliaia di fratelli e sorelle. Che ben venga un Papa che si getta
in ginocchio davanti a dei capi delle nazioni, che gli fa capire che Cristo è
grande perché servo di tutti. Papa Francesco ha testimoniato la Chiesa amata
da Don Tonino Bello, la Chiesa del Grembiule.
Domani sventolerò al posto del rametto di ulivo, le immagini
che affollano la mia mente: il Papa che chiede la Pace, Candreva che paga la
mensa per i bambini poveri respinti dal sindaco leghista, il Generale dei
Carabinieri che chiede scusa alla famiglia Cucchi, Simone di Torre Maura che
semina parole di accoglienza e solidarietà e tantissimi altri che anche se non
consapevoli seguono Cristo nel riscatto dell’umanità
Solo rovesciando i macigni della intolleranza, dell’odio,
della cattiveria, dell’egoismo e arrivismo si giungerà alla domenica di Pasqua,
passando obbligatoriamente per il Calvario. Niente paura, non siamo soli, c’è
Lui, Gesù.
Buona Settimana Santa
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