Un museo all'aperto (Tra Storia e Leggenda, 4)


Nel 1928 e nel 1929 Raimond Vaufrey, direttore del Museo de l’Homme di Parigi, si occupò della grotta di S. Teodoro rifacendone la stratigrafia e rivedendone la fauna.
I risultati concordarono con quelli di Anca, tranne per la quota della grotta. Anca, infatti, le aveva attribuito 30 metri in più rispetto alla quota reale. 
Nel 1937 Ramiro Fabiani, Direttore dell’Istituto e Museo di Geologia dell’Università di Palermo, incaricò Giuseppe Banafede, tecnico del Museo, di effettuare un saggio di scavo nella grotta. In questa occasione vennero rinvenuti i primi resti umani classificati da Giuseppina Tricomi nel 1938. Nel 1941 Carlo Maviglia diede notizia della scoperta di nuovi resti umani. Questi appartenevano
a quattro individui dei quali tre di giovane età come rilevato dalla dentatura. Nel 1942 lo stesso Maviglia affrontò il primo studio tipologico dell’industria litica.
A partire dal 1937, quindi tutte le ricerche sulla grotta di S. Teodoro furono finalizzate allo studio degli utensili e dei reperti umani che attualmente rappresentano le prime ed uniche sepolture del paleolitico siciliano. È da notare anche che gli utensili di San Teodoro sono modellati in quarzarenite. Questo fatto è legato alle caratteristiche litologiche della zona.
Nel 1943 Paolo Graziosi tentò di chiarire se il materiale paletnologico era da attribuire ad una o a più facies paleolitiche. Continuando a scavare trovò un altro scheletro che, anche se incompleto, era in perfetta posizione stratigrafica. Nel 1946 e nel 1947 Graziosi e Maviglia approfondirono lo studio dei reperti umani e nel 1968 Alda Vigliardi pubblicò uno studio sull’industria litica.
Per sentire parlare nuovamente della grotta di San Teodoro bisogna arrivare al 1983 quando una sistematica campagna di scavo, condotta dall’Università di Messina, mise in evidenza, sul “Talus” antistante la grotta, un deposito particolarmente ricco in resti fossili di ippopotamo, tanto da
ipotizzare un Museo all’aperto. [Fonte: Carolina Di Patti]

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