Nel 1928 e
nel 1929 Raimond Vaufrey, direttore del Museo de l’Homme di Parigi, si occupò
della grotta di S. Teodoro rifacendone la stratigrafia e rivedendone la fauna.
I risultati
concordarono con quelli di Anca, tranne per la quota della grotta. Anca, infatti, le
aveva attribuito 30 metri in più rispetto alla quota reale.
a quattro
individui dei quali tre di giovane età come rilevato dalla dentatura. Nel 1942
lo stesso Maviglia affrontò il primo studio tipologico dell’industria litica.
A partire
dal 1937, quindi tutte le ricerche sulla grotta di S. Teodoro furono
finalizzate allo studio degli utensili e dei reperti umani che attualmente
rappresentano le prime ed uniche sepolture del paleolitico siciliano. È da
notare anche che gli utensili di San Teodoro sono modellati in quarzarenite. Questo fatto è legato alle caratteristiche litologiche della zona.
Nel 1943
Paolo Graziosi tentò di chiarire se il materiale paletnologico era da
attribuire ad una o a più facies paleolitiche.
Continuando a scavare trovò un altro scheletro che, anche se incompleto, era in
perfetta posizione stratigrafica. Nel 1946 e nel 1947 Graziosi e Maviglia
approfondirono lo studio dei reperti umani e nel 1968 Alda Vigliardi pubblicò
uno studio sull’industria litica.
Per sentire
parlare nuovamente della grotta di San Teodoro bisogna arrivare al 1983 quando
una sistematica campagna di scavo, condotta dall’Università di Messina, mise in evidenza, sul “Talus”
antistante la grotta, un deposito particolarmente ricco in resti fossili di
ippopotamo, tanto da
ipotizzare
un Museo all’aperto. [Fonte: Carolina Di Patti]
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