La grotta di
S. Teodoro è nota agli studiosi sin dal 1859, anno in cui Francesco Anca, barone
di Mangalaviti, la scoprì ed effettuò i primi scavi, rinvenendo al suo interno numerosi
resti fossili di mammiferi fra i quali resti di
carnivori mai trovati nelle poche grotte siciliane fino ad allora note.
"...La
disposizione, la profondità, l’ampiezza, la inflessione, ed i luoghi reconditi di
questa grotta potrebbero farla ritenere come una vera stazione umana
permanente, dando il locale l’agiatezza di stare al coverto dagli agenti
atmosferici, ed apprestando l’agevolezza di procurarsi il vitto colla caccia
nei soprastanti boschi, e colla pesca nel prossimo mare; oltreché avrebbero
avuto una sorgiva di fresche, abbondanti e dolci acque a piè della collina; donde
la contrada tolse il nome di Acque dolci (Anca, 1860).
La
collezione del barone Anca è oggi custodita presso il Museo Geologico “G.G.
Gemmellaro” donata dallo studioso stesso nel 1886. Dopo gli scavi del barone
Anca, la grotta non fu più oggetto di ricerche sistematiche anche se, alla fine
dell’800, diversi studiosi tra cui Gaetano Giorgio Gemmellaro e il marchese
Antonio De Gregorio si occuparono di particolari aspetti della fauna fossile. [Fonte: Carolina Di Patti]
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