L'arca di Noè (SpaccaSette, 6)


1. Quando l'Italia scoprì Franco Battiato
L'arca di Noè è il titolo di un noto album musicale del 1982 di Franco Battiato. Con oltre 550 mila copie vendute rimase al primo posto nelle classifiche di vendita per molti mesi, spinto in particolare dal singolo “Voglio vederti danzare”.
Sebbene molte delle canzoni abbiano fatto discutere la critica dell’epoca per i temi affrontati, in particolar modo “Radio Varsavia” e “L’esodo”, l'album confermò il successo commerciale del cantautore siciliano dopo una lunga gavetta. Battiato, infatti, iniziò la sua lunga carriera musicale nel 1965, conquistando la critica negli anni '70, e raggiungendo il successo commerciale solamente negli anni '80.
Non c’è uno stile preciso che identifichi la sua produzione artistica, visto che ha fatto dell’eclettismo un marchio di fabbrica. Dal pop degli anni sessanta fino al rock progressivo, la sperimentazione e l’avanguardia degli anni successivi, la musica classica e il tecno pop, il filo conduttore della sua musica è costruito attorno agli interessi trasversali del cantautore che hanno impreziosito i suoi dischi, ci sono certamente la meditazione, l’occultismo, la teoretica filosofica e i temi sociali, raccontati con una poesia unica, costruita su un impareggiabile vocabolario.
Nel 1979 la sua virata verso un pop raffinato ed intellettuale gli permette il successo di massa, che avvenne soprattutto quando Battiato pubblica uno fra gli album più importanti ed influenti della storia della musica italiana: “La Voce del Padrone” nel 1981, che lo rese il primo artista musicale in Italia a vendere oltre un milione di copie con un disco.  




2. Quella sciagurata legge che contribuì a distruggere il Convento di San Fratello
Dopo l’unificazione d’Italia del 1861, e dopo l’emanazione della sciagurata legge sulla espropriazione dei beni ecclesiastici, anche questo chiostro, questo convento, la sua ricca biblioteca e i locali che ne fanno parte – ad eccezione della chiesa – divennero beni dello Stato. E fu l’inizio di un rovinoso processo di devastazioni e di offese incredibilmente assurde.
Le celle dei frati, quelle che si affacciano sul portico di questo chiostro, diventarono celle per i carcerati. In alcune di esse si vedono tuttora le sbarre di ferro infisse nei robusti muri che stanno intorno a noi. Durante la guerra il convento fu occupato dai militari che ne fecero ulteriore scempio.
Il complesso monastico fu anche sede delle scuole elementari, della banda musicale, della Caserma dei Carabinieri e delle più svariate associazioni e per lunghi anni fu condominio dei senzatetto e degli indigenti, che lo ridussero a ghetto. Il fumo della legna e il vapore acqueo che fuoriusciva dalle pentole collocate sotto il naso dei santi dipinti in queste lunette ora scomparse, rappresentarono l’estremo oltraggio inferto dalle autorità locali al Chiostro seicentesco.


A partire dal 1948, inoltre, i locali che si affacciano su questo chiostro venivano usati alcuni come magazzini per l’olio ricavato dagli uliveti della parrocchia, altri come sezioni elettorali.
Sugli affreschi ancora in buono stato di conservazione e in special modo sulla faccia dei santi francescani dipinti su queste pareti, le diverse amministrazioni comunali permettevano che si attaccassero con la colla i manifesti pubblicitari dei vari partiti politici in gara, operando in questo modo ulteriori insulti a quelli precedentemente inflitti.
Il pavimento del chiostro, dissestato e ridotto a pozzanghere di fango quando pioveva, era diventato un campetto sportivo. Si veniva qui a giocare al pallone. E il pallone, infangato o bagnato, andava a sbattere sulle vesti dorate degli angeli e sui corpi dei martiri affrescati di Fra’ Emanuele da Como, come a fargli dispetto di essere venuto qui ad abbellire questo luogo di santità e di vita spirituale.
In questo chiostro si faceva ogni anno la marchiatura dei vitelli con sigla personalizzata in ferro battuto, reso incandescente qui stesso. 


I più gravi atti di insolenza ai danni di questo monumento – monumento eretto non solo in onore di San Benedetto e del suo ordine religioso, ma anche monumento della storia di San Fratello – risalgono agli anni Cinquanta allorché una ditta appaltatrice di alcuni lavori pubblici asportò i marmi che rivestivano il basamento di questo colonnato e li sostituì con rozzi mattoni pressati, nell’assoluto silenzio e nella totale indifferenza di un intero paese e delle sue autorità.

  
 

Il convento divenne così un rudere e questo chiostro un’immagine vivente ed eloquente del dissesto globale e del degrado spirituale di una intera comunità. Il primo timido passo verso il recupero fu compiuto nei primi anni Settanta con la collocazione del cancello in ferro battuto che pose fine al vandalismo gratuito e scandaloso dopo la evacuazione dei suoi ultimi inquilini, ma è solo con l'importante restauro eseguito all'inizio del nuovo millennio che questo monumento riacquisterà luce, identità e dignità. [fonte: Salvatore Di Fazio]



3. I benefici del the verde 
Pare che i suoi effetti siano miracolosi. Gli orientali lo sorseggiano durante i pasti e chissà forse è anche per questo che si ammalano di meno e vivono più a lungo in salute. Grazie alla presenza delle catechine, un antibatterico naturale ricco di antiossidanti. Inoltre è un potente alleato per smaltire i chili di troppo. Basta versare due cucchiaini delle sue foglie in una tazza di acqua bollente e lasciarle riposare per qualche minuto e poi filtrarle. Non bisogna però esagerare col consumo, non più di 2 tazze al giorno, è pur sempre un eccitante.



4. La Valle dei Templi 
Un'area densa di resti archeologici risalenti all'epoca dei greci è la Valle dei Templi, patrimonio dell'UNESCO, che conserva abitazioni e tempi realizzati in stile dorico. Tra le costruzioni ricordiamo i tempi di Ercole e della Concordia, una meta obbligata per chi decide di visitare Agrigento. 
Tra l'altro, la Valle dei Templi può essere visitata durante la stagione estiva anche nelle ore serali. Anni addietro è stato effettuato un intervento illuminotecnico. Di sera si gode così un'atmosfera molto suggestiva e particolare. 


5. I danni causati dalle diete iperproteiche
Le diete ad alto contenuto proteico sono indicate per gli atleti che hanno intenzione di far crescere la propria massa muscolare, questo è quello che si legge in numerose riviste sportive. Tuttavia il fabbisogno proteico dell'atleta è fonte di grande discussione, in quanto molteplici fattori influenzano il consumo di proteine (lo stato di salute, la durata dell'allenamento, l'intensità, l'attività lavorativa, ecc.). I dati scientifici mostrano la pericolosità di queste diete iperproteiche che sono fonte di dibattito per molti nutrizionisti. In primo luogo vengono evidenziati i danni irreversibili ai reni, a causa del grande lavoro che devono svolgere per eliminare le sostanze prodotte dal metabolismo proteico, e si hanno enormi perdite di calcio che possono causare l'osteoporosi. Inoltre, possono insorgere danni all'apparato cardiocircolatorio dovuti all'utilizzo di carni rosse. Secondo un articolo dell'AHA (America Heart Association) non esistono studi scientifici a lungo termine in grado di dimostrare l'efficacia e l'innocuità di queste diete.
Le principali proteine assunte con queste diete sono di origine animale, ricche di grassi saturi e colesterolo, aumentando, in questa maniera, il fattore di rischio per le malattie cardiovascolari e aumentando l'incidenza di alcuni tumori come quello al colon e alla mammella. Tali grassi possono, inoltre, provocare acne e dolori articolari. Lo stato di chetosi indotto da questa dieta provoca la perdita di grandi quantità di acqua per eliminare i corpi chetonici (come nel diabete) causando stati di disidratazione. 
L'OMS stabilisce che un uomo sedentario deve assumere 0,75g per kg di peso corporeo di proteine. Chi svolge attività fisica tre volte la settimana deve assumere circa 1,5g/kg di P. C. (peso corporeo), chi lavora e svolge un allenamento quotidiano e pesante deve assumere circa 1,8g/kg di P. C. e chi pratica, invece, sport agonistico caratterizzato da due sedute di allenamento giornaliero deve assumere 2g/kg P. C.


6. L'uomo che salvò migliaia di vite con un timbro
Aristides de Sousa Mendes  (1885 – 1954) è stato console generale del Portogallo a Bordeaux. La capitolazione della Francia nel giugno del 1940 spinse decine di migliaia di profughi, tra cui migliaia di ebrei, a fuggire da nord a sud, sperando di lasciare la Francia attraversando il confine meridionale con la Spagna, per poi dirigersi verso il Portogallo, e infine imbarcarsi per l’America. Fino al 10 maggio 1940 i visti d’ingresso o i permessi di transito attraverso il Portogallo potevano essere ottenuti presso il consolato portoghese a Bordeaux. In quella data però, quando la Germania invase il Belgio ed i Paesi Bassi, il governo del Portogallo vietò ulteriori passaggi di profughi, soprattutto dei rifugiati ebrei. Circa 30.000 rifugiati, tra cui 10.000 ebrei, si ritrovarono presso il consolato portoghese a Bordeaux e fecero pressione per ottenere il documento che li avrebbe fatti uscire dalla Francia. Sousa Mendes, vedendo la terribile situazione dei rifugiati, decise di disobbedire alle istruzioni esplicite del suo governo. Ricevette una delegazione di rifugiati al consolato, guidata dal rabbino Haim Kruger, e promise visti di transito per tutti coloro che ne avessero bisogno. A chi non poteva pagare per i visti, Sousa Mendes consegnò gratuitamente i documenti. Il console istituì poi un ufficio nel consolato dove, con l’aiuto di due dei suoi figli e di alcuni ebrei, cominciò a rilasciare permessi di ingresso. Sousa Mendes faticò per tre giorni e tre notti, senza concedersi un momento di riposo. Tra il 15 e il 22 giugno 1940 Sousa Mendes ha emesso un totale di 1.575 visti. Le voci su quanto Sousa Mendes stava facendo raggiunsero Lisbona, che ordinò al console di tornare in patria. Vennero inviati persino due uomini per scortarlo in Portogallo. Lungo la strada, ancora in Francia, il gruppo passò davanti al consolato portoghese di Bayonne. Sousa Mendes vide una folla di centinaia di persone fuori dalle porte del consolato. Anche se era stato richiamato, Sousa Mendes entrò nel consolato e, ignorando le obiezioni del console locale, ordinò di rilasciare visti a tutti i richiedenti. Timbrò i visti personalmente, aggiungendo ai documenti una frase, scritta a mano: “Il governo del Portogallo chiede gentilmente al governo di Spagna di consentire al titolare di questo documento di attraversare liberamente la Spagna. Il titolare di questo documento è un rifugiato del conflitto in Europa ed è in viaggio verso il Portogallo”. Dopo aver fornito il tanto desiderato documento, Sousa Mendes accompagnò personalmente i rifugiati a un posto di blocco spagnolo, in modo che attraversassero la frontiera in modo sicuro. Tornato a Lisbona, Sousa Mendes, è stato portato davanti a un comitato disciplinare e licenziato dal suo incarico al Ministero degli Esteri. Questo lo ha lasciato indigente e incapace di sostenere la sua famiglia di 13 figli. Morì senza un soldo nel 1954. Solo nel 1988, grazie alle pressioni esterne e agli sforzi dei suoi figli, il governo portoghese ha completamente riabilitato la sua figura. Quando gli è stato chiesto di spiegare il motivo delle sue azioni, Sousa Mendes ha dichiarato: “Se migliaia di ebrei stanno soffrendo a causa di un cristiano [Hitler], sicuramente un cristiano può soffrire per tanti ebrei”. Il 18 ottobre del 1966 Yad Vashem ha riconosciuto Aristides de Sousa Mendes come Giusto tra le Nazioni. [Fonte: Gariwo]


7. I campanacci fanno male alle mucche
Alcuni ricercatori svizzeri hanno condotto un approfondito studio sugli effetti negativi che i campanacci tradizionali, pesanti più di cinque chili, provocherebbero sulla salute delle mucche che li hanno al collo: molti dei bovini esaminati risultavano mangiare in modo diverso, masticando per meno tempo il cibo, e alcuni presentavano anche il deterioramento dell'udito, dovuto con tutta probabilità all'intensità del rumore prodotto dalle grosse campane, paragonabile a quello di un martello pneumatico.


Gran parte della mia vita è stata spesa
a preoccuparmi di cose
che non sono mai accadute
(Mark Twain)






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