Dopo le riprese per il Documentario Aleramici in
Sicilia, nella splendida cornice del Comune di San Fratello, in provincia di Messina,
il viaggio continua e arriva alle porte dell’Oriente.
Fabrizio Di Salvo del Circolo Culturale Marchesi
del Monferrato, dopo aver ideato e promosso nel 2017, con il
compianto amico e collaboratore Roberto Maestri,
il progetto “Aleramici in Sicilia” lo sta ampliando
permettendo a questo lavoro di assumere un respiro sempre più internazionale,
come la dinastia Aleramica seppe fare a suo tempo, tanto da giungere fino
a Istanbul, solo apparentemente una terra distante.
Nell’ambito del progetto “Le Vie Aleramiche,
Normanno-Sveve” - un progetto nel progetto - nato con la collaborazione
di Anna Placa del Club UNESCO di Piazza Armerina, e del quale
anche il promotore del progetto Fabrizio Di Salvo è socio onorario, era
necessario seguire la traccia lasciata dagli aleramici in tutta Europa.
Perché “Le Vie Aleramiche, Normanne e Sveve” coinvolge
dinastie, persone, popoli e si intreccia con fatti storici di portata
internazionale, quale il passaggio della reggenza dell’impero bizantino nelle
mani dei Palelogi.
Gli intrecci europei, e non solo, riscontrati nel risalire
all’intero ambito aleramico hanno portato Fabrizio Di Salvo a viaggiare per
gran parte dell’Europa seguendo vari ‘indizi’. Continuando la sua attività di
ricerca storico-scientifica, in collaborazione con il bizantinista Prof. Walter
Haberstumpf, la medievalista statunitense Joanna Drell Professoressa
dell’Universita’ di Richmond in Virginia, il professor Oleksandr
Okhrimenko dell’Universita’ Nazionale di Kiev e altri insigni studiosi
quali Henri Bresc, ha potuto approfondire legami storici e ramificazioni
di dinastie e popoli europei raggiungendo mete impensabili solo due
anni fa.
Un percorso per terre un tempo conosciute come la Rus
di Kiev, la Svevia, il Regno di Tessalonica, l’Impero di Trebisonda,
quello di Nicea per arrivare, infine, in Sicilia e tornare
al Monferrato.
Con un corollario di dinastie incontrate, quali quelle Imperiali
bizantine, i Comneni, gli Angeli, i Lascaris, i Ducas e i Paleologi legatesi,
poi, a quelle più importanti d’Europa come gli Aleramici, appunto, gli
Altavilla, gli Svevi, i Rjurik e i Capetingi. Un lavoro sempre più
complesso, un tragitto tortuoso, alle volte anche faticoso, ma dal fascino
infinito e dai risvolti imprevedibili.
Un passaggio che aiuterà a comprendere un po' di più, non
solo gli antichi legami europei, ma, soprattutto, quelli fra popoli
diversi e anche chi siamo noi oggi.
Compiamo un passo indietro e andiamo a vedere com’era
Istanbul nella metà del XIII secolo. Il 25 luglio del 1261 Bizantini e Genovesi entrano
vittoriosi a Costantinopoli guidati da Michele VIII Palelogo. Al
suo seguito un conte di Ventimiglia, vassallo della Repubblica di
Genova, Guglielmo Pietro I che prenderà in sposa la sorella di Giovanni
IV l’imperatore deposto, Eudossia Lascaris, appena
tredicenne.
Sarà poi uno dei figli della coppia, Giovanni I, detto
Lascaris, come erede dei diritti sull’impero d’Oriente, a mantenere il cognome
nobile della famiglia.
Al contempo, anche i Paleologi, la più longeva e duratura
dinastia bizantina che resisterà fino alla caduta dell’impero nel 1453, si
legherà al nord Italia. Nel 1284 Andronico II Palelogo sposa,
infatti, in seconde nozze, Violante di Monferrato degli Aleramici che
diventerà imperatrice d’Oriente con il nome di Irene di Bisanzio. Il
matrimonio diede ben sette figli, uno dei quali, Teodoro I Palelogo diventerà marchese
del Monferrato unendo così definitivamente gli Aleramici alla dinastia che
reggerà le sorti dell’impero bizantino fino alla fine della sua
esistenza.
Noi abbiamo voluto ripercorrere le terre della capitale di
quell’impero per ricordare questa unione che prosegue il viaggio degli Aleramici: dal
nord Europa, alla Sicilia, per spingersi poi fino a levante alle porte
dell’Oriente. Nell’impero bizantino era già presente un’enclave italiana:
i levantini. Infatti, a seguito della quarta crociata (1204) molti
italiani, in modo particolare, delle città marinare, in primis Genova e Venezia ma
anche Pisa, Amalfi, Firenze e Ancona emigrarono
nelle zone interessate del medio oriente, un po’ per un senso religioso e un
po’ per interessi economici. L’opportunità di controllare il traffico
commerciale divenne una spinta determinante, tanto che furono numerosissimi le
colonie che sorsero nella zona e resistettero anche dopo la caduta dell’impero
bizantino come una sorta di “nazione latina” che si adattò alle
condizioni dei governatori ottomani. Proprio in uno degli emblemi di questa
presenza, il quartiere di Istanbul di Galata, fondato dai genovesi come città
autonoma protetta da mura e torre, abbiamo voluto passeggiare per testimoniare
come ancora oggi si possa respirare aria italiana nella città
turca.
Grazie all’incontro con alcuni studiosi locali e i
filmmakers Selman Urluca e Furkan Șahiner, siamo riusciti a
visitare, e testimoniare anche con filmati, quanto resta della presenza
genovese-levantina in questa città. Abbiamo incontrato il Prof. Bünyamin
KOÇ davanti alla torre di Galata. La nostra guida ci ha subito raccontato
quanto prosperarono economicamente i genovesi nella zona nel periodo bizantino.
Ci ha spiegato che la torre è una delle opere storiche più importanti della
città ed è resistita a incendi, guerre e terremoti. Ci ha mostrato le mura che
cintano ancora il quartiere e all’interno del quale pare di passeggiare per i
carruggi genovesi. In seguito, abbiamo incontrato, davanti alla biblioteca di
Galata, costruita dai genovesi nel 1304, Yohannes un cristiano
di Istanbul con il quale abbiamo visitato l’antica struttura,
ristrutturata negli anni Sessanta del Novecento, che resta un’importante testimonianza
della multiculturalità della nazione turca. A conferma del fatto che, come ci
dicono le nostre guide, bizantini, ottomani e genovesi sono stati i
veri ‘costruttori’ di questa città. Abbiamo notato, inoltre, nel prosieguo
della nostra camminata, numerose conferme architettoniche, artistiche, targhe e
stemmi che lo testimoniava. Una lapide presente sulla torre reca incisa e
sancita la consegna ufficiale delle chiavi della città, dopo un lungo assedio,
a dimostrazione dell’importanza genovese nella zona ultima parte a
cadere in mano Ottomana e a confermare il “passaggio di
proprietà”.
Dopo aver esplorato le mura, abbiamo fatto tappa davanti ad
uno dei capolavori della città: Hagia Sophia. Entrambi ci siamo resi
conto, molto bene, di quanto Italia e Turchia siano legate da una
storia comune, due stati uniti da un impero che nacque a Roma e finì,
quasi duemila anni dopo, qui. Popoli vicini che hanno intrecciato le storie
confermando, ancora una volta quanto la storia, studiata e indagata, unisca le
terre del mondo e avvicini all’idea di una sola razza quella
umana.
FOTO: Fabrizio Di Salvo e Bünyamin KOÇ, sullo sfondo la
Torre Galata nell'antico quartiere dei genovesi di Istanbul.