Per Carmelo Lanfranco a dieci anni dalla sua scomparsa

di Giuseppe Foti.

Il 4 giugno di dieci anni fa Carmelo Lanfranco (6 dicembre 1942 - 4 giugno 2012) veniva a mancare prematuramente all’amore dei suoi cari, agli amici e alla comunità di San Fratello. Provare a tratteggiare per grandi linee la sua persona e il suo percorso è operazione complessa. Mi accingo a farlo, cercando di interpretare i sentimenti e i ricordi che mi sono giunti nel tempo da un ampio gruppo di persone che lo conosceva bene – la sua famiglia, alcuni suoi amici, molti concittadini – e dietro la spinta di un annuncio importante: la pubblicazione nel decennale della sua dipartita di “Trozzi sciughjiri - (Trecce sciolte)”, la raccolta di cento sue poesie dialettali inedite che appaiono oggi nella collana “Apollonia” dell’editore Montedit, la serie ideata e diretta fino alla sua scomparsa dal compianto Benedetto Di Pietro. 

Tutti quelli che hanno conosciuto bene il preside Lanfranco conservano dentro la sua gentilezza e i suoi modi eleganti e affabili al tempo stesso. Il professore Lanfranco è stato docente di Materie Letterarie, tra l’altro, nell’Istituto Magistrale di Nicosia e, in seguito, Dirigente scolastico incaricato nell’I.T.C.G “Ettore Majorana” di Troina. Eclettico rispetto ai saperi, appassionato cultore della Divina Commedia e autore di pièces teatrali – “Il medico ha detto: nevrosi d’ansia”, “I Micanè”, “La passione di Gesù” – che ha portato in scena come regista, è ancora ricordato dai suoi ex alunni per aver trasmesso loro l’amore per la cultura, intesa come opportunità di crescita e di arricchimento personale e umano.

A San Fratello, la sua memoria è legata anche alla sua attività di animatore culturale in grado di affiancare alle conoscenze approfondite una simpatia naturale e contagiosa che innescava il riso quando illustrava, ad esempio, pagine di colorita vita popolare che ritroveremo anche in una parte dei suoi componimenti dialettali.

 Io lo conobbi alla fine degli anni ‘90, non sul comune patrio suolo sanfratellano, ma a Nicosia, nella sua bella dimora di campagna. Ero andato là proprio per lui, per intervistarlo in seno a ricerche universitarie sul dialetto sanfratellano. Lo parlava con gusto e lo conosceva approfonditamente il nostro dialetto. Non che a San Fratello mancassero informatori. I locutori attivi del galloitalico erano numerosi, allora come oggi. In tanti però mi ripetevano: “queste cose dovresti chiederle al professore Lanfranco”. Decisi quindi di andarlo a trovare e due sanfratellani ebbero così la ventura di conoscersi, credo non per caso, nella terra della bella Nicosia, un altro dei centri della cosiddetta “Lombardia siciliana”. Quella volta, dopo le risposte al questionario che mi ero portato da casa, nel quale, come pesci in una rete gettata a mare, intrappolammo tutto il giorno parole, mi parlò della sua vita, delle sue poesie, dei corsi che aveva tenuto nei quali si erano formati tanti studenti, poi affermati cittadini, delle sue passioni giovanili per la cultura. L’intervista si era così trasformata in una piacevole discussione, su argomenti mai banali, che resterà tra i miei ricordi più belli di questo illustre sanfratellano. Già allora colpiva la vivacità del suo intelletto, la cultura vasta e la coinvolgente empatia che ci permetteva di condividere la passione, all’epoca non comune, per il dialetto galloitalico di San Fratello. Restammo in contatto, in un rapporto di reciproca stima e rispetto, ma lo rividi in altre occasioni solo anni dopo. Ci incrociammo altre volte a San Fratello. Accettai con piacere il suo invito nell’Istituto “E. Majorana” che dirigeva a Troina, in occasione di una rappresentazione teatrale da lui stesso ideata. Fummo ancora insieme, nel 2007, nella giuria presieduta da Giuseppe Cavarra che assegnò a San Fratello il Premio Nazionale “Benito Montalto”.



Furono queste tutte opportunità per conoscerlo meglio, eppure credo di essermi formato un’idea chiara della sua personalità e della sua visione del modo soltanto dopo che la sua famiglia mi ha fatto giungere un voluminoso faldone blu che conteneva i suoi scritti letterari in dialetto sanfratellano. Oggi quelle pagine sparse sono diventate finalmente un libro che si pubblica nella casa dei poeti sanfratellani, ovvero la collana “Apollonia” dell’editore Montedit, ideata da un altro brillante concittadino, Benedetto Di Pietro. Dopo la “Bibliografia sui Santi Fratelli Martiri Alfio, Filadelfio e Cirino” di Benedetto Iraci, “Trozzi sciughjiri” riavvia le pubblicazioni in dialetto sanfratellano e dà continuità alla collana di Di Pietro, precedendo la pubblicazione dei suoi scritti inediti, solo ritardata da alcuni imprevisti e sulla quale torneremo presto a parlare.

Il libro di Carmelo Lanfranco è una raccolta di 100 poesie vernacolari selezionate dal curatore tra i suoi componimenti più significativi. I versi si inseriscono con coerenza nell’ormai ragguardevole produzione letteraria sanfratellana. Torneremo a parlare del libro in occasione della sua presentazione al pubblico dei lettori, prevista per il prossimo mese di luglio. Qui basti dire che, lette senza soluzione di continuità, le poesie affrescano la San Fratello di inizio ‘900, descritta dalla prospettiva interna dell’autore, restituendo lo spirito più autentico – nei temi e nella lingua – di questa peculiare comunità nebroidea, erede della protratta migrazione medievale di genti liguri-piemontesi, che furono latrici della sua parlata settentrionale. Le poesie seguono generalmente uno schema in versi irregolari e sciolti: fanno eccezione i componimenti più lunghi. L’autore rinuncia consapevolmente alla rima, per aderire maggiormente al tono e allo stile del dialetto parlato, il codice che gli consente di rappresentare con efficacia il “piccolo mondo” della sua patria natale. Il lessico è, infatti, volutamente arcaico e Lanfranco si dimostra in grado di fondere pienamente, in un unico codice, la lingua materna con il cifrario poetico. Ne scaturisce una raccolta di valore, coronata dalla scelta illuminata dell’autore di utilizzare il “nuovo sistema ortografico del dialetto galloitalico di San Fratello”, inaugurato e divulgato grazie alle opere dell’iniziatore Benedetto Di Pietro. Quando si commemora uno scrittore scomparso si usa ripetere: «Ci restano le sue poesie». Questo compito era affidato, fino ad oggi, solo al manipolo di bei componimenti di Carmelo Lanfranco pubblicati dall’infaticabile Di Pietro (in a cura di Benedetto Di Pietro, AA.VV, Parole sanfratellane nel web – Poesie e racconti del gruppo “San Frareu – Zzea parduoma u dialott dû nasc paies”, Collana Apollonia, Montedit, Melegnano, 2016, pagg. 34-40). Da oggi le poesie del Nostro figureranno in “Trozzi sciughjiri - (Trecce sciolte)” così come l’autore stesso avrebbe intitolato la sua raccolta, un’opera completa di cui i lettori più attenti non vorranno privarsi. 

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