A San Fratello nel 1943 ha operato L’OSS

A rivelare la presenza dei Servizi Segreti americani i rapporti di due agenti, i tenenti Ribarich e De Angleis.

di Rosalia Ricciardi e Enzo Caputo.

“Alfons Haller, soldato tedesco, era una delle mie due guardie durante il mio viaggio come prigioniero dal fronte. Mi ha salvato diverse volte dai bombardamenti degli aerei americani e mi ha dato da mangiare dividendo equamente le scarse razioni. Apprezzerei qualsiasi cortesia che potreste estendere a loro quando saranno a loro volta fatti prigionieri”, Guido Pantaleoni Lt. Col. Aus 0- 4936267.

Provvidenziale nella sua unicità e completezza è stato, nel nostro difficoltoso lavoro di ricerca, i contatti con lo scrittore americano Robert Irving Desourdis – esperto di Seconda Guerra mondiale e autore di numerose pubblicazioni sull’argomento – e con Bill Corvo, figlio di Massimo Biagio Corvo, dal cui archivio provengono i due rapporti che gentilmente ci hanno fatto avere e per i quali doverosamente ringraziamo.

E’ la notte tra venerdì 6 e sabato 7 agosto 1943, quando il gruppo dell’OSS (Office of Strategic Service) arriva a Capizzi e si accampa presso Pizzo Finocchio. Gli Alleati sono già sbarcati in Sicilia e si trovano attestati sulla linea San Fratello. Qui i tedeschi bloccano la 3a divisione di Truscott sotto il crinale dell’omonimo monte in località Castellaro: sulla sommità, una linea di oltre un chilometro di caposaldi e posti di blocco stradali spesso collegati da camminamenti sotterranei bloccano l’avanzata alleata.

La battaglia su questo fronte, a nord di San Fratello, è cruenta e per ore gli attaccanti non si riescono a guadagnare neanche un metro di terreno. I morti lasciati al suolo saranno tanti, da ambo le parti. Ed è qui che troviamo la presenza dell’OSS, che fu importante per forzare la linea: si trattava di aggirare il fronte delle retroguardie tedesche a sud, in località Acquarossa, raccogliere informazioni sul nemico e trasmetterle. Facilitare l’avanzata alleata, a questo punto del conflitto, era necessario. Bisognava decidere se fosse il caso di attaccare anche a sud oppure di attuare in contemporanea uno sbarco a ‘salto di rana’ oltre Sant’Agata Militello, per aggirare il nemico ed attaccarlo anche alle spalle. Cosa che peraltro avvenne nella notte tra il 7 e l’8 agosto.  

Ma che cos’è l’OSS?  Sicuramente, i siciliani del 1943 non ne avevano idea o l’avevano parzialmente. Per loro erano tutti americani. Le bombe cadevano fitte e la miseria era nera. Che fare? Pensandoci, le opzioni non erano poi così tante: stare a guardare e aspettare lo sviluppo degli eventi sperando di rimanere vivi; schierarsi con i nuovi arrivati oppure aiutare gli italo-tedeschi. Non pochi scelsero di aiutare gli Alleati, qualcuno in maniera più netta e decisa, mettendosi al loro servizio e fornendo informazioni, qualche altro diede aiuto logistico assieme a cibo e alloggio. La maggior parte furono semplici testimoni di un’epoca storica, senza nulla fare per informare i tedeschi di eventuali notizie utili. I tedeschi stessi, soprattutto dopo la caduta di Mussolini il 25 luglio, in più di un rapporto si erano lamentati con gli alti comandi dell’aiuto prestato dai siciliani agli Alleati e delle scene di giubilo (alcune autentiche, altre di mera convenienza) al loro arrivo nei vari paesi.

L’OSS, “questo sconosciuto”, era l’acronimo di Office of Strategic Service, il Servizio Segreto americano antesignano della CIA, che operò durante la Seconda Guerra mondiale. Istituito ufficialmente il 13 giugno 1942, aveva lo scopo di coordinare e gestire la raccolta di informazioni militari a livello centrale.

Biagio Massimo Corvo, detto Max, nasce ad Augusta nel 1920 e si trasferisce da ragazzo negli Stati Uniti con i genitori perché il padre, Cesare Corvo, originario di Melilli, è costretto a fuggire dalla Sicilia a causa delle sue idee antifasciste. Sarà Max, chiamato da Earl Brennan, a coordinare le azioni di intelligence militare in Sicilia per assistere e coadiuvare l’avanzata militare americana in Sicilia. Egli sfrutterà i suoi legami con la Sicilia e le conoscenze che ha il padre negli ambienti anti-fascisti per stilare un elenco di persone a cui rivolgersi al fine di avere un elenco di persone di fiducia sul posto, in Sicilia, ma non solo: lo scopo principale dell’OSS era anche quello di arruolare giovani da mandare in Sicilia, che poi saranno addestrati in Tunisia,

Saranno questi gruppi che, sin dal giugno 1943, dopo l’addestramento, effettueranno azioni di disturbo, sabotaggi e attentati ai danni del nemico tedesco, unitamente alla stampa e la diffusione di opuscoli e volantini propagandistici e alla raccolta di informazioni sul nemico. L’operazione Husky, iniziata con lo sbarco nella notte tra il 9 e il 10 luglio, li trova in Sicilia in prima linea.

Ma torniamo alla linea San Fratello e all’operato degli agenti americani. Lo facciamo attraverso i” Rapporti Ribarich e De Angleis” dei quali si riportano i sunti.

Le guide del posto, come si legge nel rapporto scritto in inglese dal tenente De Angelis, raggiungono l’unità dell’OSS guidata dal colonnello Pantaleoni a Capizzi per scortarle in territorio sanfratellano, dietro le retrovie nemiche ad Acquarossa.

Giunti presso il torrente Caprino (detto anche torrente San Fratello), il gruppo si divide in tre sotto unità per non dare nell’occhio: il primo gruppo, quello guidato da De Angelis, era composto da un mulo che portava parte dell’apparato radio, da Benny Treglia, da Tony Riberatore (?) e da una guida (probabilmente il signor Regalbuto Giuseppe di San Fratello) e parte 45 minuti prima del secondo gruppo, composto dal colonnello Pantaleoni stesso, affiancato dal civile sanfratellano Luigi Di Franco, dal tenente Ribarich (che stilerà in seguito il suo rapporto sull’accaduto), dal tenente Buta e dal civile Benedetto Montalto. In questo gruppo è presente l’altro mulo che porta il rimanente dell’apparato radio e una delle due guide menzionate nel rapporto De Angelis, probabilmente, il dubbio è d’obbligo, si trattava di Todaro Cirino di San Fratello, visto che Regalbuto - risultando il primo nella lista dei collaboratori e, con ogni probabilità, essendo tra coloro che si recarono a Capizzi per portare il gruppo in territorio sanfratellano - rimase con il primo gruppo guidato da De Angelis.

Benedetto Montalto, classe 1914

Il terzo gruppo, invece, rimane in attesa in località Acquarossa, zona lambita da una diramazione del torrente Caprino. I due borghesi a soldo dell’OSS – costituenti il terzo gruppo e partiti da Palermo col resto del gruppo – insieme ai rimanenti due muli, troveranno riparo presso una fattoria denominata masseria Acquarossa ove, al tempo, era presente una casa colonica abbastanza grande da ospitare una famiglia. Oggi, al suo posto, sorgono due o tre piccole casette rurali. Questo gruppo dovrà attendere la guida che accompagna il gruppo di De Angelis e che, pertanto, dovrà ritornare ad Acquarossa per guidarli in avanscoperta. Dal rapporto De Angelis, scritto da lui in inglese e a mano, con fatica tutta “targata” Ricciardi” siamo riusciti a decifrare i due nomi: Salvatore Pratto ed Eustachio Riera.

Quando il secondo gruppo, guidato dal colonnello Pantaleoni, giunge nel tratto del torrente Caprino che confina con la località Baruto e con la contrada Selleria, viene intercettato da una pattuglia tedesca che, visti gli schieramenti sul terreno, può ritenersi appartenere al gruppo di combattimento Ulich. I militari della Wehrmacht sono in avanscoperta - forse avvisati della presenza nemica - e sono anch’essi guidati da un civile non identificato. Lo scontro a fuoco che ne consegue è breve e micidiale e fa un morto, il signor Luigi Di Franco, suocero di Montalto Benedetto.

Siamo nella mattinata di sabato 7 agosto e la morte di Di Franco è un dato più che confermato visto che De Angelis, nello stilare il suo rapporto, lo dà per morto.

Infatti, De Angelis lascerà subito dopo la linea San Fratello in direzione della linea Tortorici il 7 agosto stesso o, al massimo, il giorno successivo.

Il tenente Buto verrà ferito alla schiena da colpi di mitragliatore, mentre il colonello Pantaleoni (anch’esso figlio di emigrati siciliani in America), rimane ferito alla nuca e al fianco e verrà arrestato assieme a Benedetto Montalto. Alla vista del nemico, gli agenti dell’OSS si erano spogliati degli abiti civili ed erano rimasti in divisa. In caso di cattura, avrebbero potuto invocare la Convenzione di Ginevra. Purtroppo, i civili del posto, non essendo in uniforme, non ebbero lo status prigionieri di guerra.

Il secondo gruppo intercettato dai tedeschi verrà portato alla masseria Acquarossa in tempi diversi – dove peraltro il terzo gruppo in attesa non era più presente perché allertato dagli spari: i due contadini presenti alla masseria (probabilmente i proprietari), verranno tenuti in ostaggio dai tedeschi, che li ritengono “collaboratori” per aver dato ospitalità al nemico.

Ribarich, che non si era voluto arrendere subito, si spoglia anch’esso degli abiti civili e li nasconde in un burrone insieme ad una parte dell’apparato radio che detiene - il resto dell’attrezzatura era detenuto da De Angelis, che lo brucerà non appena la guida che lo raggiunge in seguito lo informa di quanto accaduto al secondo gruppo. Quando un’ora dopo il tenente decide di arrendersi, verrà portato anch’esso alla masseria.

Qui non vedrà più il colonnello Guido jr Pantaleoni, che era già partito con i tedeschi a bordo di una jeep per essere condotto al comando divisionale tedesco di Randazzo per essere interrogato, ma vedrà il tenente Buto disteso su una barella.

Il colonnello Pantaleoni, però, non arriverà mai in quel luogo perché la jeep, nei pressi del torrente Rosmarino (nel territorio del comune di Militello Rosmarino), salterà su una mina: lui e il tedesco alla guida moriranno. Il mezzo verrà poi gettato in acqua dai tedeschi che passeranno durante la ritirata, per liberare la strada.

Essendo un ufficiale americano (matricola 0-493627), il comando nazista aveva deciso che Pantaleoni fosse portato al loro Quartier generale per l’interrogatorio. Il caporale tedesco incaricato di accompagnarlo era Alfons Haller.

I due, lungo la strada, resa insicura dai bombardamenti, furono costretti a fermarsi diverse volte. ‘Il Resto del Carlino’, in un articolo del 28 luglio 2023, riporta che i loro rapporti furono distesi al punto che i due nemici iniziarono a parlare in francese (lingua conosciuta da entrambi) delle rispettive famiglie e di quella assurda guerra che stavano combattendo. Addirittura Haller (consapevole dello sfavorevole andamento della guerra) disse al suo prigioniero che presto sarebbe stato lui a cadere in mano americana. A quel punto, Pantaleoni gli chiese carta e penna e gli compilò una sorta di salvacondotto dicendo: quando sarai prigioniero mostra questo foglio.

Haller sopravviverà all’incidente e, nel 1949, si recherà dalla vedova di Pantaleoni, Helenka  Adamovak, per consegnarle copia del suo rapporto sull’accaduto, un orologio del marito e la lettera a firma del colonnello, quella scritta prima di morire:

‘Alfons Haller, soldato tedesco, era una delle mie due guardie durante il mio viaggio come prigioniero dal fronte. Mi ha salvato diverse volte dai bombardamenti degli aerei americani e mi ha dato da mangiare dividendo equamente le scarse razioni. Apprezzerei qualsiasi cortesia che potreste estendere a loro quando saranno a loro volta fatti prigionieri’. 

Guido Pantaleoni Lt. Col. Aus 0- 4936267.

 

Guido Pantaleoni, morto il 7 agosto 1943

Lo scritto colpisce dritto al cuore. La guerra non guarda in faccia nessuno e, soprattutto, non ci sono buoni e cattivi. Ci sono uomini, schierati su fronti opposti, che ubbidiscono ad ordini - spesso assurdi - ma che sono in grado di fare scelte ben precise.

E Montalto? Che fine fece? Ribarich, dopo la battaglia nei pressi del fiume, non lo vedrà più perché non lo menziona nel suo rapporto: una volta arrestato, come affermato dallo stesso genero di Benedetto in una testimonianza del 2022 – Triscari Sebastiano, che all’epoca dei fatti aveva 8 anni – viene condotto alla propria casetta in contrada Selleria, nelle vicinanze del fiume. Qui gli verranno fatte delle domande ben precise, compresa quella sui soldati italiani dell’Assietta che, in massa, disertarono nel territorio di San Fratello.  Sono quasi 1.500 soldati che si disperdono nei boschi (qualche storico parla addirittura di 9.000) in direzione – ma questo saprà poi – di Galati Mamertino. I

 tedeschi vogliono sapere in quanti potevano essere e in che direzione stavano andavano. Ma Montalto dice loro di non sapere nulla.

A questo punto, secondo le testimonianze dirette di 5 anziani - novantenni e novantunenni che, all’epoca dei fatti, si trovavano nelle zone degli eventi e di cui uno era presente nella grotta di contrada Selleria, usata dagli abitanti del posto per scampare ai bombardamenti e dalla quale si vede il fiume - fu portato via da casa nonostante le grida strazianti della madre e della moglie, che invano mostrò ai soldati le figlie piccole, una di 12 mesi e una di 2 anni e mezzo.

E grazie anche alla disponibilità e alle numerose e preziose  testimonianze indirette di figli e nipoti di chi all’epoca si trovava sui luoghi dei fatti, è possibile dire (salvo ulteriori notizie) che Montalto, dopo il primo interrogatorio nella casa di Selleria, venne condotto nel luogo ove, all’epoca, sorgeva la casa cantonale occupata dal signor Ignazio di Benedetto, originario di Montagnareale, nella località impropriamente chiamata ‘Spazi verdi’ per via del nome di un ristorante (oggi chiuso): siamo a quasi due ore di cammino dal luogo dell’arresto.

Qui viene interrogato e torturato (molti degli intervistati riferiscono di grida strazianti e prolungate) e, verosimilmente, ucciso a fianco del fabbricato dalla facciata rosa che, all’epoca, serviva da punto di riferimento per i bombardieri alleati.

La casa venne danneggiata: probabilmente ad opera dei tedeschi stessi per disorientare gli aerei nemici. I testimoni riferiscono, altresì, che fu impossibile prestare aiuto a Benedetto data la presenza di numerose ‘sentinelle’, questo il termine specifico usato dagli anziani intervistati.

Da quel luogo, percorrendo ancora la regia trazzera San Fratello - Randazzo in direzione nord, a poco più di un chilometro, verrà ritrovato il suo corpo (probabilmente trasportato a dorso di mulo), a una decina di metri da una postazione militare tedesca, probabilmente mono arma, ancora oggi visibile. Fu sicuramente una postazione attigua abbandonata (probabilmente un piccolo bunker tipo ‘tobruk’)  ad essere usata per seppellire, maldestramente, il cadavere di Benedetto usando le pietre di cui era foderata. Rimasero fuori soltanto i piedi a “denunciare” la sepoltura.

A trovarlo fu l’amico diciannovenne Antonino Salerno che, dopo aver chiamato altri amici, lo tirò fuori dall’improvvisata sepoltura. Il prof. Gigante Giuseppe Basile, sei anni all’epoca, oggi pensionato nel vicino Comune di Acquedolci, passato in quel posto a dorso di mulo circa il 20 agosto del 1943 in compagnia del padre, ci ha descritto bene la fossa e il cumulo di terra e pietre posto a lato della stessa.

Ma Torniamo a Ribarich. Dopo un primo interrogatorio presso la masseria, viene condotto in località Passo dei tre, percorrendo dunque una strada diversa rispetto alla sua guida Benedetto Montalto, per essere interrogato dal tenente Graff (o Kroft) – egli non è sicuro del cognome – del 15° reggimento Panzer 7a compagnia, che si trovava proprio in contrada Passo dei Tre, località a pochi chilometri a sud di San Fratello dove, per mano dello stesso tenente, i due poveri contadini della masseria furono fucilati.

Il tenente Ribarich, invece, allo stesso modo di Pantaleoni, fu fatto salire su una macchina tedesca per essere condotto a Randazzo ma, a differenza del colonnello, riuscì a liberarsi durante la notte e a raggiungere a piedi i boschi di Galati prima e di Tortorici poi.

Riflettendo sugli accadimenti di quei tragici giorni, peraltro menzionati anche dallo storico Francesco Renda in una sua pubblicazione, è stato possibile delineare un quadro più completo degli avvenimenti bellici che hanno interessato i comuni dell’area nebroidea di cui si scrive e delle scelte che i nostri nonni e i nostri padri fecero, magari anticipando di qualche settimana l’8 settembre. Erano gli inequivocabili segni della stanchezza dei siciliani, stufi di quella guerra inutile che aveva portato solo lutti, fame e distruzioni e che, soprattutto, non era percepita come una guerra “siciliana”.

Il gruppo di De Angelis e i due borghesi a soldo dell’OSS - che erano rimasti inizialmente fermi ad Acquarossa - raggiunsero la linea Tortorici, approntata nel frattempo dagli italo-tedeschi e, con l’aiuto dei civili del luogo (elencati anch’essi nel rapporto di De Angelis) tentarono nuove infiltrazioni che, però, si scontrarono con i rigidissimi posti di blocco tedeschi che, memori dell’esperienza sanfratellana, passarono ai raggi x qualsiasi civile circolasse per le strade e nell’imminenza della battaglia, in aggiunta, ordinarono l’evacuazione della zona compresa tra Bazia e Castell’Umberto, sia per preservare i civili e sia per evitare di trovarsi i nemici alle spalle.

Sono tanti i civili che hanno perso la vita durante operazioni militari in Sicilia per aver voluto aiutare l’avanzata americana: nella scheda dedicata a Montalto presso l’archivio storico dello Stato Maggiore dell’Esercito italiano, come motivazione della morte è riportata la dicitura ‘cospirazione anti-tedesca’.

Chiediamoci allora cosa è rimasto del loro sacrificio, che lezione possono trarne le nuove generazioni…. e ancora, è servita a qualcosa la sofferenza patita in quei giorni da chi è rimasto?

In giorni difficili come quelli odierni, in cui ancora una volta l’umanità dimostra di non aver imparato la lezione che la Storia da sempre vuole darci, la figura di Benedetto Montalto, del suocero Di Franco Luigi e dei due contadini della masseria Acquarossa, a cui dobbiamo ancora dare un nome, diventano figure incredibilmente attuali.

Anche a distanza di 80 anni, in un mondo che è teatro di ben 59 conflitti e da ultimi quelli in Ucraina e nel Medio Oriente, ricordare è una necessità.

Provvidenziale nella sua unicità e completezza è stato, nel nostro difficoltoso lavoro di ricerca, i contatti con lo scrittore americano Robert Irving Desourdis – esperto di Seconda Guerra mondiale e autore di numerose pubblicazioni sull’argomento – e con Bill Corvo, figlio di Massimo Biagio Corvo, dal cui archivio provengono i due rapporti che gentilmente ci hanno fatto avere e per i quali doverosamente ringraziamo.

Siamo assolutamente certi che ricordare, commemorare e salvaguardare la nostra memoria storica sia, a questo punto, imprescindibile…


La stele in memoria di Benedetto Montalto, inaugurata l’11 agosto 2023 e realizzata dal Comitato Benedetto Montalto 1943 di San Fratello, in occasione dell’ottantesimo anniversario dello sbarco alleato in Sicilia e per l’ottantesimo anniversario della morte: il suo corpo fu ritrovato in località Zerbetto, proprio dove sorge questa stele, l’11 agosto 1943, dopo 4 giorni di ricerche.

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