All’interno dell’aula consiliare del Comune di San Fratello,
si è tenuto l’incontro per discutere del “Piano di tutela e valorizzazione del
dialetto di San Fratello”. Dopo i saluti dell’Amministrazione Comunale hanno
preso la parola alcuni dei più illustri studiosi, scrittori e appassionati contemporanei
che stanno provando a salvare l’antico codice dall’oblio.
Altri purtroppo
mancavano all'evento, nella maggior parte dei casi perché gli stessi non risiedono nel
centro nebroideo ed erano impossibilitati a marcare presenza. Si è giunti alla conclusione
che nei prossimi giorni verrà costituito un tavolo tecnico per rendere
fattibili alcuni progetti esposti. Tante idee ma anche tanti problemi da
risolvere, principalmente all’interno dei nostri stessi confini comunali. Ma andiamo ai
punti salienti del dibattito, che per certi versi è stato anche più animato del
previsto.
Il Galloitalico è Social
Carmelo Faranda, tra gli amministratori del noto gruppo
Facebook, “San Frareu - Zzea parduoma u dialott dû nasc paies”, ha annunciato l’uscita
di una prossima pubblicazione in sanfratellano con la presenza di scritture
inedite. Ma dietro al lavoro di valorizzazione del gruppo c’è anche una
motivazione intrinseca, orgogliosa delle radici e anche un po’ nostalgica. Che
unisce residenti parlanti e non, e soprattutto persone di tutto il mondo
emigrate da San Fratello, che grazie alla lingua possono in qualche modo riavvicinarsi
alla patria natia. Certamente la brillante idea del gruppo facebook oltre ad
essere apprezzata, è stata utile a rinvigorire il gruppo di scrittori e
appassionati, tutti pronti a cimentarsi nella scrittura e lettura di poesie,
commenti e frasi varie, affrontando senza timore tutte le difficoltà del caso.
Scuola, Progetti culturali, Identità territoriale
Il vicesindaco Ciro Carroccetto è stato tra i primi ad
intervenire, e nelle vesti anche di Assessore alla Cultura ha messo sotto i
riflettori come debba essere fondamentale intavolare una collaborazione con la
scuola col fine di realizzare progetti che possano avvicinare i giovani al
galloitalico scritto e parlato. Il sogno, difficile da realizzare, sarebbe
quello di inserire nel POF (Piano di Offerta Formativa) l’insegnamento delle
principali nozioni di grammatica del dialetto di San Fratello.
Mentre, la
realtà, potrebbe essere un’idea già affrontata con successo in passato, con
progetti culturali come il teatro, ma anche la musica (Eleonora Bordonaro e il
Prof. Benedetto Di Pietro insegnano, quest’ultimo ha tradotto in galloitalico
anche fiabe e preghiere), o con lodevoli progetti extra-curricolari, come quelli
avviati dal prof. Salvatore Mangione: migliorati nella comunicazione, responsabilizzando
le famiglie, coordinati ed inseriti nel contesto scuola.
Il Padre Nostro in galloitalico di San Fratello |
Ovviamente il dott.
Carroccetto si è soffermato anche sulla necessità di convincere le famiglie a
trasmettere il galloitalico ai figli per evitare di disperdere questo
patrimonio nell’arco di poche generazioni. Inoltre ha proposto una “gallotizzazione”
delle insegne commerciali, con possibili benefici anche in termini
economico-turistici. Un’idea davvero geniale, già più volte proposta anche
dalle pagine di "Sottolapietra" ai lettori, che andrebbe allargata a tutte le
insegne e indicazioni del centro. Una doppia scrittura delle vie e delle
piazze, dei monumenti e dei luoghi del nostro territorio aiuterebbe sicuramente
a consolidare l’identità sanfratellana
nelle giovani generazioni.
Infine ha ricordato il Concorso di Poesia inedita in Galloitalico 2015 promosso dal Comune di San Fratello, con il bando aperto fino a settembre, e cerimonia di premiazione a fine anno.
Dare il buon esempio
Il Dott. Iraci ha condiviso l’idea di "gallotizzazione", precisando però che il
buon esempio dovrebbe partire dall’alto. E' perciò quanto mai doveroso che l’Amministrazione
iniziasse una campagna di valorizzazione, ad esempio pubblicando i manifesti di
eventi e quant’altro in doppia lingua. Ciò aiuterebbe la popolazione a fare
altrettanto.
Ricordiamo che l’input qualche anno fa lo aveva dato la Società
Militari in Congedo, donando la nuova insegna all’impianto sportivo Paolo
Carroccio di contrada Selva. Ebbene la nuova insegna riportava la denominazione
sia in italiano sia in galloitalico di San Fratello. C’è già stata anche
qualche attività commerciale che aveva battezzato il proprio punto vendita
utilizzando il dialetto, anche se poi non ebbe particolare fortuna.
Trovare un punto d'incontro per una scrittura uniforme
Il Prof. Bellitto, pur condividendo tutte le idee
esposte, ha evidenziato come tra le principali criticità, emerga la mancanza di
omogeneità nella scrittura del dialetto. Un fondamentale punto d’incontro che
bisogna trovare quanto prima, tra le due (o tre) principali fazioni che oggi
scrivono e pubblicano in lingua.
Tra le pubblicazioni degli ultimi anni è emblematico constatare
come vengano utilizzati ancora diversi modi di scrivere che confondono il
lettore. Ad esempio citiamo tre recenti opere scritte con codici diversi:
Proverbi
Sanfratellani (Salvatore Mangione e Angelo Santaromita Villa - ed.
Armenio, 2014)
Dizionario
del Dialetto Gallo-Italico di San Fratello (Benedetto Rotelli - ed.
Lombardo, 2014)
Sbughjann
nta li paradi (Benedetto Di Pietro e Benedetto Iraci - ed. Montedit, 2015);
E la
confusione è ancora più ampia se ci avventuriamo nel noto gruppo facebook sanfratellano
dove ogni intervento è scritto con codici frutto di esperienze personali. A questo
punto come possiamo avviare progetti scolastici, insegnare il sanfratellano
scritto, installare insegne e pubblicare manifesti e libri se ognuno scrive in modo
diverso? Tanto è vero che la stessa insegna che annuncia l’ingresso nel centro
abitato (San Frareau) per una fazione è corretta mentre per l’altra è
sbagliata.
“Trovare un
punto d’incontro tra le parti! (quindi). Sulla stessa linea sono stati gli interventi
della prof.ssa Mammana e del prof. Scavone. Quest’ultimo ha evidenziato come sarebbe
opportuno non pensare solamente alla scrittura corretta, la fonetica e la
sintassi quando poi il sanfratellano medio non riesce a comprendere la
scrittura tecnica in mancanza di studi appropriati, potendo contribuire in
questo modo ad un allontanamento della popolazione dal dialetto scritto.
A parere
nostro la risposta ci è stata data dallo stesso prof. Bellitto che ha auspicato
un punto di incontro tra i due o tre gruppi di studiosi protagonisti di questa
contrapposizione culturale. Da una parte c’è chi sostiene (principalmente gli
studiosi locali) che il Sanfratellano debba essere scritto così come lo si
sente, in modo da rendere facile l’apprendimento e la lettura; dall’altra c’è
il gruppo di studiosi e ricercatori (principalmente non residenti) che hanno
svolto un lavoro di studio e ricerca universitario.
Auspicando
un incontro a breve, crediamo che quest’ultimo gruppo debba avere l’ultima
parola, in quanto il lavoro di ricerca universitario, le competenze e la
professionalità di alcuni personaggi sono una garanzia di successo affinché
finalmente si raggiunga l’uniformità della scrittura. Lo stesso Luigi Vasi
(storico sanfratellano), tra i primi ad occuparsi del dialetto, aveva ipotizzato la
presenza di vocali mute (simili al francese). Dopotutto la presenza di punti di
sospensione e consonanti a ripetizione non caratterizza nessuna lingua scritta
moderna, e il dialetto sanfratellano che è frutto si di un impasto linguistico
di matrice normanna, ma con i secoli ha subito ampiamente l’influenza del
siciliano (che oggi lo caratterizza per la maggior parte) e non può quindi discostarsi
troppo dalla lingua scritta dell’isola… sarebbe assurdo!.
Quel tipo di scrittura, chiara e leggibile da tutti, si
avvicina più ad una ricerca fonetica. Ma anche in questo caso la risposta ci
viene data da un’opera di valore assoluto per il nostro vernacolo, e si tratta di
“Fonetica storica, fonologia e ortografia
del dialetto galloitalico di San Fratello” (Giuseppe Foti, 2013).
Anche il prof.
Foti, autore del libro citato, è stato tra i relatori dell’incontro ed ha
chiarito la posizione del Sanfratellano in merito al riconoscimento a minoranza
linguistica, tanto rincorso da tutti i nostri amministratori. Il titolo di
minoranza viene concesso quando la matrice primordiale del dialetto è originaria da un paese
estero. Il Sanfratellano seppur denominato “galloitalico” che farebbe pensare
ad una discendenza francese, in realtà ha una matrice proveniente dai popoli del
nord-Italia (l’antica Lombardia). Erano questi antichi popoli che avevano l’influenza della lingua francese.
Successivamente, questi popoli italici, migrarono a sud e in Sicilia
nella famosa conquista normanna dell’isola (dal 1061 in poi, per circa duecento
anni). L’incontro dei normanni con greci, romani-bizantini, arabi e popoli
indigeni diede vita ad una serie di linguaggi singolari, che a San Fratello
mutarono nella lingua attualmente conosciuta, frutto di una evoluzione millenaria
che non si è mai arrestata, ed è tuttora in atto. Ma che ha avuto il pregio,
rispetto ad altre realtà linguistiche dell’isola, di mantenere meglio
conservate certe caratteristiche linguistiche, con sonorità (possiamo dirlo) uniche
al mondo.
Non possedendo
questa matrice estera (come ad esempio hanno i popoli albanesi nel palermitano)
sarà praticamente impossibile ottenere il riconoscimento come minoranza
linguistica. A titolo informativo diciamo pure che il prof. Di Bartolo sta
portando avanti una tesi (purtroppo con poche basi solide) che avvicinerebbe il
sanfratellano al "provenzale", non solo come influenza linguistica, ma cercando
una matrice di origine. Qualora questa tesi trovasse in futuro basi concrete,
la situazione burocratica per il titolo di riconoscimento di minoranza
linguistica del galloitalico sarebbe notevolmente diversa.
Ma il prof.
Foti, che sta incessantemente lavorando presso l’Università per la
realizzazione di un dizionario linguistico completo, ha anche esposto un quesito da
condividere in pieno: “Qual è oggi l’utilità di imparare e parlare il
Sanfratellano?”. I tanti vantaggi psico-cognitivi sono ampiamente conosciuti dai
dotti, ma sono altrettanto ignorati dalla maggior parte delle famiglie
Sanfratellane, che troppo spesso vivono in casa con il paradosso di comunicare
in dialetto fra genitori, nonni e zii, e contemporaneamente rivolgersi in
italiano ai figli, nipoti e bambini. Che senso ha? Ci riteniamo intelligenti e
preparati grazie al nostro bagaglio culturale, ma decidiamo di non trasmetterlo
ai figli! A tal proposito una successiva domanda avremmo voluto porla a tutti gli studiosi e
gli appassionati della lingua: "Quanti di voi ha figli e nipoti in grado di parlare
in dialetto? (meditate!)"
Al quesito posto dal prof. Foti, una risposta è ben accettata da tutti, ma nessuno ancora è riuscito a
trasformarla in un incentivo concreto. "Nel momento in cui troveremo il modo di
sviluppare una economia redditizia dietro alla parlata del Sanfratellano, il dialetto tornerà
ad essere il principale linguaggio utilizzato anche tra i giovani".
La tesa di cui si parla nell'articolo sull'influenza provenzale non è mia. E quella di Joseph Privitera. Leggendola avevo già capito che c'erano poche basi solide, soppratutto al livelo storico.
RispondiEliminaNon essendo glottologo non posso esprimere ipotesi non rigorosamente provate. Nelle mie ricerche storiche ho concluso che il sanfratellano era una koine franco-cisalpina con influenze dialettali monferrine. Significa che la matrice viene dal Nord-Italia ed i linguisti Gerhard Rohlfs e Giulia Petracco-Sicardi hanno quasi definitivamente trovato i luoghi di origine di questi coloni "lombardi". Quando aggiungo "koine" è nel senso che con questi coloni c'erano pure Francesi e direi storicamente in maggioranza dalla Francia del Nord-Ovest. All'epoca c'era già una distinzione tra la lingua d'oil (alla quale appartiene l'anglo-normanno) ed la lingua d'oc (alla quale appartiene il provenzale). Le differenze erano meno forte di quelle di ora tra queste due varietà del francese medievale. E questo vale pure per i dialetti gallo-italici del Nord Italia (di cui il sanfratellano avrebbe conservato archaismi che non si ritrovano più per ora in Alta Italia). Era facile per queste popolazioni di trovare ed adottare un linguaggio comune, ma con una forte impronta nelle struture grammaticali dei coloni maggioritari, infatti i Cisalpini. I linguisti possono determinare quello che viene dal galloitalico antico e dal vecchio francese (francese d'oil).
RispondiEliminaCome è scritto nell'articolo : "...la situazione burocratica per il titolo di riconoscimento di minoranza linguistica del galloitalico sarebbe notevolmente diversa". Devo capire in questa frase , che se si provasse che il sanfratellano è in parte di origine straniera il suo statuto come minoranza cambierebbe. Non sarebbe più considerato come lingua di una minoranza italiana ma in parte allogena (come gli Albanesi di Sicilia....).
Purtroppo nella formazione dell'identità e della cultura sanfratellana, sono convinto e sicuro che ha contribuito molto la Francia medievale del Nord-Ovest (sopratutto la Normandia) insieme all'Italia del Nord.
Per quello che riguarda l'influenza provenzale, non dimentichiamo che i coloni "piemontesi" venivano da luoghi limitrofi da posti dove si parlava, ed ancora oggi, il provenzale. E certamente c'erano forze cambi e circolazione linguistica sopratutto nel Medioevo. Per questo il professore Joseph Privitera aveva notato forme provenzali.
Scusate i miei francesismi.
Grazie per la precisazione! Ci scusiamo per l'errore
RispondiEliminaPino Foti14 agosto 2015 18:38
RispondiEliminaCaro Carmelo,
grazie per continuare a diffondere celermente le notizie rilevanti della vita della nostra cittadina.
Ieri, su invito degli amministratori, così come un nutrito gruppo di cittadini sanfratellani, ho preso parte alla presentazione delle intenzioni progettuali del Comune di San Fratello. L’iniziativa, certamente ambiziosa e soggetta alla necessità di essere declinata in prassi operativa e tradotta in iniziative coerenti, mi è sembrata lodevole. Essa ha certo il merito di mostrare la sensibilità degli amministratori sul valore del patrimonio linguistico sanfratellano. Quando gli stessi hanno offerto uno spazio di dibattito ai cittadini presenti, ho ritenuto di dover esprimere le mie considerazioni.
Ti ringrazio anche della stima e della considerazione per il mio lavoro che poco varrebbe se non avesse potuto avvalersi della guida e del supporto del gruppo di ricerca del "Progetto Galloitalici" dell’Università di Catania, al quale mi onoro di collaborare. Se l’utilità della ricerca sarà anche quella di fornire uno strumento efficace e razionale a chiunque voglia prendere la penna e scrivere in sanfratellano, si sarà dato un contributo molto importante alla conservazione di un dialetto in difficoltà, sentito come particolarmente significativo per la nostra comunità che continua a parlarlo. Come affermato nello studio, non ho dubbi sul fatto che le grafie impressionistiche, prive di criteri sistematici e di argomentazioni, non possano descrivere adeguatamente un sistema linguistico che si articola (doppiamente) non solo sul livello fonetico ma anche su quello morfologico e sintattico.
Mi corre tuttavia l’obbligo di chiarire alcune imprecisioni che, così come impaginate nel corpo dell’articolo, sembrano doversi attribuire testualmente al mio intervento.
Rispetto al concetto di “minoranza linguistica” ho detto, più precisamente, che in Italia questo concetto è stato inteso in un’accezione più stretta, andando a coincidere con quello di varietà che hanno un’origine diversa, estera, rispetto alla lingua italiana. La condizione di alloglossia non deve essere “concessa”: nel caso della parlata di San Fratello è tale de facto. Mi preme invece sottolineare, con le parole di Gabriele Iannàccaro e Vittorio Dell’Aquila, che «le leggi in quanto tali non sono sufficienti per assicurare la sopravvivenza di una comunità linguistica. Non si possono obbligare in cittadini a trasmettere ai figli la propria lingua, per esempio, o assicurare che i ragazzi in età scolare imparino davvero la lingua che studiano. E neppure si può essere certi che una legge farà sí che la gente usi effettivamente una determinata lingua». Il più forte fattore di conservazione di una lingua è la libera volontà d'uso della comunità che la parla. Mi preme affermare che non penso che si possano valutare le libere scelte linguistiche dei parlanti. Come detto ieri, il codice è dei parlanti. La sua sopravvivenza dipende dalla loro libera volontà di conservarlo. Gli attori di un intervento sulle dinamiche linguistiche e sui rapporti di forza tra codici compresenti, anche in assenza di specifiche norme di “diritto linguistico”, possono agire affinché nella comunità si affermi l’idea che il dialetto è un valore da tramandare, un codice utile da possedere, un veicolo di cultura e identità, un oggetto di interesse culturale e scientifico e, quindi, di elevato prestigio, ma la scelta della trasmissione della lingua si riferirà sempre all’intimità familiare e alla sua spontaneità, sulla quale nulla si può dire.
Rispetto alle tue parole che concludono l’articolo invece, se queste, come credo, equivalgono ad affermare come i dialetti possano appropriarsi di nuovi ambiti d’uso in grado di offrire spunti di rivitalizzazione, mi trovi pienamente d’accordo.
Un caro saluto
Pino
Carissimi,
RispondiEliminaho letto con molto interesse il resoconto dell’incontro. Mi scuso per non essere stato presente, ma poco avrei potuto aggiungere a quanto da voi discusso e alle conclusioni alle quali siete pervenuti.
Per dovere di ricerca deve essere citato un altro strumento di diffusione del nostro dialetto, anche se non è basato sulla scrittura. Si tratta di “San Fratello of Facebook” gestito da Ciro Emanuele, sul quale spesso passano dei video con poesie o altro recitati nella nostra parlata.
A quanti ritengono che il dialetto sia meno importante della lingua nazionale, voglio rispondere con una frase sentita ripetere dal compianto Prof. Peppino Miligi di Montalbano: «In dialetto si può parlare con Dio, ma non si può parlare di Dio». È la lingua delle madri con la quale si possono esprimere i sentimenti più profondi. Quindi se qualcuno pensa di potere farne a meno, significa che non ha da esprimere quei sentimenti!
Con i migliori auguri di amicizia e ferragostani.
Benedetto Di Pietro