CULTURA
L'ultima fatica letteraria del principale attore di una nuova vena poetica e creativa che ha contribuito ad una seconda ondata di pubblicazioni in galloitalico. Nell'opera anche le traduzioni di alcune nugae del Libro di Catullo.
Carmelo Emanuele.
È stata pubblicata l’ultima fatica letteraria di Benedetto
Di Pietro, poeta, scrittore e critico originario di San Fratello. L’opera dal
titolo “Ô frosch” (al fresco) è una raccolta di poesie nel dialetto
galloitalico di San Fratello con in coda alcune nugae del Libro di Catullo con
traduzione dal latino al Siciliano e al dialetto di San Fratello, si tratta
del 14° volume della collana Apollonia della casa editrice Montedit.
Grazie a questa nuova ondata di pubblicazioni senza precedenti, alcuni preziosi semi della parlata galloitalica di San Fratello sono stati messi in "cassaforte", ed oggi San Fratello può essere considerato, ancora solo simbolicamente, il capoluogo culturale dei Nebrodi in quanto tutti i paesi dei Nebrodi messi insieme non raggiungono il numero di pubblicazioni prodotte sulla cittadina di San Fratello, grazie principalmente alla sua lingua, al cavallo, ai personaggi storici, come anche alla storia e al folclore del territorio.
In questo ultimo lavoro di Di Pietro sono presenti alcune poesie apparse
nel 2012 in occasione di una mostra fotografica dal titolo “Immagini e parole”
che ha avuto luogo nel suggestivo centro storico di San Fratello. Per
ammissione dell’autore gran parte dei testi poetici sono stati scritti in
epoche diverse.
L’autore è romanticamente attaccato ad alcuni momenti ben
precisi della vita sanfratellana e in particolare si fanno riferimenti ad
alcuni rituali del passato ormai estinti che hanno non solo caratterizzato
questa opera, ma sembrano aver indirizzato tutta la vena poetica dell’autore,
così in “La cautra sfilucchiera” (il copriletto) sembra quasi di risentire i
suoni e vedere le donne al telaio; rituali presenti anche in “U miscarò” (la
ventola) dove si ripensa alla bellezza dei ventagli di un tempo e in “U Rrusäri”
(il Rosario) dove si può capire l’importanza della preghiera, al centro della
vita sociale e della comunicazione per un popolo umile come quello
sanfratellano; in “La càpula” (la coppola) non passa inosservato l’aneddoto dei
tedeschi scoperti durante il secondo conflitto mondiale a causa di un dettaglio ben preciso che ha fatto epoca; in “U sciälu” (lo
scialle) il testo ruota attorno all’importanza di un indumento così come in “D’uoli
è binirat” (l’olio è benedetto) si fa riferimento all’importanza dell’olio e al
duro lavoro per ottenerlo; particolare storico di notevole importanza è la
testimonianza raccolta in “Li struzziuoi di la Milizzia” (gli addestramento della
milizia) e “La daveanca dû 1922” (la frana del 1922).
L’autore racconta anche della sua fanciullezza, povera di
ricchezze materiali ma colma di valori che hanno plasmato la sua stessa anima,
un viaggio che ha inizio con “La strumula” (la trottola) chiaro ricordo ai
giochi di gioventù, la suggestiva “La duna sanfrardeuna” (la luna sanfratellana), “Nuzza”
(Nuccia) amore giovanile e musa ispiratrice, “U suchierr” (il sigaro) romantico
ricordo di vita familiare, “Cam i cavadì” (come i cavallini) un chiaro momento di
consapevolezza, mentre in “Vicchjieia” (vecchiaia) si chiude simbolicamente il
cerchio con un pensiero sulla vecchiaia.
Una parte della poesia di Di Pietro può essere ripresa come
un ponte tra il passato e il presente, dove non manca una sottile ironia che
accompagna il lettore per mano così come farebbe un padre con il proprio figlio, così “La
sarturia subiteuna” (la sartoria estemporanea) può essere considerata una
arcaica antenata dei social network; “La prietica di Scialacamu” (la predica di
Scialacomo) focalizzata sul ricordo di un personaggio storico ma con un
simpatico aneddoto familiare; “I puvrì” (i poveretti) pensiero filosofico sulla
ricchezza e povertà; “Mpuodi e spatuliddi” (papaveri e gladioli selvatici) innalzamento
della bellezza e dell’utilità della natura.
Di Pietro è abilissimo a raccontare il passato, ricco di
particolari che non hanno l’obiettivo di arricchire il racconto, ma sono parte
centrale di esso. Quando però l’autore si focalizza sul presente la sua poesia
da romantica e malinconica può diventare critica vera e lucida, in questa opera ne sono la
prova principalmente “U dissidieri d’arter” (la voglia di restare) e “La muora”
(la moda).
Elevati momenti del moderno pensiero filosofico si respirano
in “Apucalissi” (apocalisse) e “Nvern” (inverno). Particolare è la rivisitazione
sanfratellana della cicala e la formica, “La zzijela e la frumiega”; mentre in
coda alla raccolta non possono mancare i “classici” racconti paesani dei quali
sono stati premiati dall’autore “U vaur a san Calaiar” (il voto a san Calogero)
e “U sunaraur e u chien” (il suonatore e il cane).
Chiude la prima parte del libro “U giuriea Märch” (il giudeo
Marco) un momento altissimo di preghiera con un notevole riferimento storico
sulla settimana Santa di San Fratello e un particolare passaggio evolutivo dei
suoi protagonisti, i singolari Giudei.
Ringrazio Carmelo Emanuele per questa recensione puntuale ed esauriente. Un cordialissimo saluto a tutti i sanfratellani ovunque essi si trovino.
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