Storia delle Società di Mutuo Soccorso



di Ciro Carroccetto.

Il progresso economico avutosi in Italia dopo l’Unità, in particolare intorno agli anni ‘70, del XIX secolo, faceva crescere anche i problemi  legati al mondo del lavoro ed alle precarie se non a volte inesistenti garanzie legate ad esso.

Per affrontare le laceranti questioni sociali durante il periodo della crescita verso la maturità, anche in Italia si era attivato un forte solidarismo sotto forma del Mutuo Soccorso ed era penetrato nelle  realtà urbane ed in quelle rurali con una straordinaria varietà di espressioni. Si trattava di un vasto movimento di idee e capitali teso alla solidarietà, secondo le più diverse ideologie, basato sull’aiuto vicendevole, finalizzato a fornire i meno garantiti di supporti preziosi.

Le Società di Mutuo Soccorso furono gli strumenti di un controllo sociale sempre più problematico, esse nascevano per migliorare le condizioni materiali e morali dei ceti lavoratori, si basavano sulla mutualità, sulla solidarietà e sulla territorialità, escludevano qualsiasi fine di lucro e poggiavano sulla gratuità degli uffici, cioè su un volontariato fortemente motivato da propensioni ideologiche accese, spesso tali da relegare in ombra l’aspetto economico connesso alla loro esistenza.

I cinque soci che nel 1911  fondarono la prima società di mutuo soccorso fra sordomuti


Negli anni settanta dell’800, migliaia di lavoratori vivevano durissime condizioni di vita, tanto nelle campagne come nei centri urbani. Molte donne e minori, anche inferiori ai nove anni, erano impiegati in edifici malsani per molte ore al giorno, specie nelle manifatture tessili compenetrate nel mondo agricolo, mentre le città comprendevano una moltitudine di piccoli artigiani e di operai con attività fragilissime, meno garantiti con la concorrenza, impiegati alle novità tecnologiche, anche a quelle più semplici, gravati da tasse esose dallo Stato e dei Comuni.

Nelle società di mutuo soccorso elemento principale non era il proletariato di fabbrica, rappresentato in gran parte da donne e minori, i quali non avevano neppure la capacità giuridica di tutelarsi. Esso era ancora numericamente troppo scarso e qualitativamente troppo debole a confronto degli addetti alle altre attività manifatturiere, agricole e del terziario, anche se evidenziava nel modo più chiaro l’assenza di sicurezze che accomunava tutto il mondo lavorativo.

Sorte prima che altrove nello Stato Piemontese, l’unico che permetteva ancora prima della metà dell’Ottocento le associazioni operaie che presentava più degli altri caratteristica di modernizzazione, dal momento dell’Unificazione politica in poi le  Società di Mutuo Soccorso fioriranno nella Penisola, con caratteristiche diverse a seconda del luogo, ma tutte come espressione di un grande movimento di idee finalizzate al miglioramento concreto delle condizioni di vita dei soci. Esse cercavano di superare la drammatica incertezza della condizione di coloro che soltanto del proprio lavoro ricavavano di che vivere, attivando tradizionali forme di assistenza reciproca tipiche delle Confraternite ed assicurando,  tramite la mutualità i rischi derivanti dalle malattie, dagli infortuni, dalla vecchiaia e della disoccupazione, eventi che non trovavano allora alcun soccorso pubblico che scongiurasse la più disperata indigenza.

Nata nel 1848, l’Associazione Generale Operai fu la prima società di Mutuo Soccorso.


...Se nell’età moderna i poveri erano giudicati dalla cultura dominante e dalla religione come colpevoli in quanto “oziosi”, vagabondi, potenziali delinquenti, ora, in piena età contemporanea, la povertà era divenuta familiare alla maggioranza dei lavoratori, che non chiedevano più soltanto carità, ma lavoro e sicurezza.

Nei primi due decenni post unitari, la politica sociale era rimasta monopolio esclusivo della Chiesa cattolica e lo Stato Italiano con la legge trenta Agosto 1862 n° 753, recependo la normativa sugli Istituti di beneficenza dello Stato Piemontese del 1859, aveva sancito il proprio disimpegno e la piena autonomia del settore caritativo, sotto il controllo della Chiesa, impegnata anche nel settore dell’istruzione. L’assistenza rimaneva quindi limitata ad una elargizione discrezionale verso quei poveri ritenuti meritevoli e consisteva in interenti occasionali differenti da luogo a luogo. Da quel paternalismo esistenziale che elargiva una beneficenza umiliante ed incerta, allo stato sociale inteso come l’insieme degli interventi pubblici in materia economica e sociale, rivolti alla garanzia dei cittadini, uno stato sociale che riconosce diritti alle persone e fornisce servizi indifferenti, c’è un segmento di storia in cui le società di Mutuo Soccorso furono molto importanti.

Era il passaggio dalla beneficenza alla previdenza, dalla carità al mutualismo, dal ruolo passivo al ruolo attivo di molte persone che ricercavano in modo organizzato un miglioramento concreto alle proprie condizioni, dando vita ad un fenomeno che incideva profondamente anche sul dibattito politico e sul quadro legislativo.

La prima riforma istituzionale di rilievo si ebbe nel 1877 con l’introduzione dell’istruzione obbligatoria, ma quel  inizio si rivelò debole ed inadeguato a modificare la condizione dei bambini lavoratori. Poi nel 1883 fu istituita la Cassa Nazionale di assicurazione contro gli infortuni, ancora con carattere volontario, e nel 1898 fu finalmente prevista per legge l’assicurazione obbligatoria per gli operai.

Quest’ultimo provvedimento fu basilare perché segnò il  passaggio dello stato sociale da una fase embrionale ad una fase più matura. Infatti, con l’assicurazione obbligatoria, lo stato riconosceva implicitamente che la salute del lavoratore non era soltanto un bene individuale, ma un patrimonio dell’intera collettività, e come tale andava tutelato. Da quei primi passi, quei compiti che erano specifici delle S.M.S. vennero a poco a poco recepiti dalla legislazione come elementi caratterizzanti del walfare italiano. Il 17 Luglio 1898 nasceva la Cassa Nazionale di Previdenza per l’Invalidità e la Vecchiaia a cui le S.M.S. potevano attingere per un’integrazione sui sussidi che riconoscevano ai soci, assicurazione che diventò obbligatoria il 24 Aprile 1919. Inoltre, nel 1904, fu estesa la legge sull’istruzione gratuita ed obbligatoria, nel 1910 vi fu un primo stanziamento pubblico a favore dei disoccupati, e in quello stesso anno fu istituita la Cassa di Maternità a favore delle operaie. Finalmente, nel 1912, fu sancito il suffragio universale maschile, richiesto da sempre dalle Società Operaie, un suffragio che permise una rappresentanza politica diretta ai ceti più poveri, pur nel permanere della grave discriminazione femminile.

Con l’avvento del nuovo secolo il ruolo ponte fra beneficenza e stato sociale si era in parte esaurito. Anche se rimanevano enormi carenze nell’ordinamento previdenziale italiano, le Società di Mutuo Soccorso poterono lasciare ai Sindacati, alle Camere del Lavoro e ai Partiti politici di cui erano state matrici, la continuazione della loro opera di promozione, mentre lo stato aveva iniziato ad assumere precise attribuzioni di tutela sociale, anche nei confronti dei lavoratori. Il loro ruolo non era tuttavia cessato, rimanendo un vasto ambito di attività delle assicurazioni volontarie, al potenziamento delle iniziative di cooperazione, da cui stavano nascendo realtà autonome di grande rilevanza per l’economia e la società.

Indubbiamente, però, la prima fase fondamentale della loro storia si era conclusa.

(pubblicato su "La Sentinella" - Novembre 2007) 

Commenti