Il mistero della città sul Monte

Raccontata da scrittori e poeti, cancellata sulle carte e ritrovata dagli studiosi. 


Di Apollonia di Sicilia si legge: Antica città, di ubicazione incerta. Viene indicata come vicina ad Alesa e a Calatte, e il suo territorio doveva da una parte toccare il mare, dall'altra essere contiguo a quello di Engio. Nel complesso, è probabile ch'essa sorgesse nelle vicinanze dell'odierna S. Fratello. 

Nel 342 a. C., Apollonia era sottoposta a Leptine, signorotto di Engio; e fu, al pari di questa città, liberata da T. moleone. Venne assalita da Agatocle nel 307 e abbandonata al saccheggio. Ma riappare in età romana, (posta nelle antiche carte nei pressi di Pollina), fra le città decumane, ed è di quelle che furono obbligate da Verre a prestare una nave per dar la caccia ai pirati: nave che fu perduta.

Apollonia batté una moneta di bronzo, in cui è impressa l'immagine di Apollo citaredo, in lunga veste; ed è senza dubbio la forma sotto cui questo dio era adorato nella città che da esso prendeva nome.


Tra i misteri, ci si domanda come sia stato possibile dimenticare per secoli sulle carte una città le cui rovine erano ben visibili sul Monte San Fratello anche dal mare fino al 1400; e secondo il libro Apollonia indagini sul Monte di San Fratello (libro realizzato dopo la campagna di scavi iniziata circa dieci anni fa), gli esperti hanno documentato la vasta area che ricopriva l'acropoli. Certamente non un piccolo borgo per l'epoca greco-romana. 





Per secoli poeti, letterati e storici hanno cercato in Sicilia le città devote ad Apollo, il dio greco delle arti e della bellezza, poiché si riteneva che tra le rovine si celasse qualche traccia dell' antico e magico oracolo. Dalla riscoperta medievale dei classici è emerso che ben diciassette centri antichi si ritenevano depositari del suo culto, e tra essi Catania, Leontini, Lilibeo, Panormoe Tindari, ma nessuna città poteva vantarsi di essere interamente devota al dio che svelava il futuro attraverso le sacerdotesse-sibille. 

Eppure sia Diodoro Siculo che Cicerone affermano chiaramente che la città di Apollonia, interamente dedicata al dio, esistesse realmente nell'isola e soprattutto i pastori si recassero ai suoi altari almeno una volta l'anno per benedire mandrie e greggi. Dell' esistenza di una Apollonia in Sicilia ne era convinto Stefano bizantino, geografo che visse in epoca cristiana, al tempo di Giustiniano, quando l'epopea degli "dei falsi e bugiardi" era al tramonto. 

Ma volle lo stesso dedicarsi a quel che restava dei miti greci nell'Impero bizantino, e in uno dei cinquanta volumi della sua monumentale opera -quello dedicato alla Sicilia - il De Themàtibus, segnalò un sito di Apollonia nella costa settentrionale. Affascinati da quegli indizi, gli archeologi moderni, in testa Paolo Orsi, ma soprattutto Bernabò Brea, si convinsero che le notizie del geografo riguardavano la costa tirrenica a ridosso dei boschi dei Nebrodi. Si iniziò a scavare prima dalle parti di San Marco d'Alunzio, poi a Caronia, e infine a Pollina, il cui toponimo sembrava un'assonanza con la città di Apollo. 

Ancora oggi i tre centri rivendicano la lontana discendenza, ma alla fine soprattutto Bernabò Brea, cui è dedicato il museo archeologico di Lipari, si convinse che era il "Monte Vecchio", nell'attuale territorio di San Fratello, ad essere il luogo dell'antica città di Apollo, perché proprio lì si trovavano monete e cocci d'argilla con la scritta "Apollonia". 



La cittadina sul monte tornò a vivere nel medioevo per la presenza di estesi territori coltivati intorno a un'abbazia basiliana, quest'ultima favorita dalla confluenza delle vie di "transumanza" provenienti dall'entroterra. Il "monte vecchio" tutt'oggi si presenta come un massiccio calcarenitico imponente che sovrasta il paesaggio sopra Acquedolci. È uno scrigno di segreti e tesori dell'antichità: le grotte preistoriche sottostanti hanno conservato per millenni i resti fossili della fauna pleistocenica e le ossa dei primi abitatori dell'isola (lo scheletro di Thea, la prima donna siciliana, è conservato al museo geologico di Palermo). 



Il santuario romanico-medievale in cima al monte, dedicato ai santi martiri Alfio, Filadelfio e Cirino, è stato meta di pellegrinaggi dei devoti di mezza Sicilia. E infine il sito archeologico con i resti di mura, di torri, di una domus romana pavimentata in opus signinum, di piccoli edifici sacri e grandi cisterne forse dedicate al culto del dio di Delphi. Apollo Carneio, protettore delle "Daphneforie", aveva pure un bosco sacro di alloro poco distante da questi luoghi, e dove tutt'oggi si recano gli abitanti di Troina per il pellegrinaggio al patrono San Silvestro, rito tutt'oggi non privo di suggestioni mitiche e "persistenze" arcaiche. 

Vicino la zona archeologica c'è l'abitato di San Fratello, dalla caratteristica parlata gallo-italica, che si sovrappose in epoca normanna agli ultimi casolari dell'antica Apollonia. Nella cittadina si trova anche gran parte dei resti di Apollonia, colonne, pietre sacre e materiali di recupero si trovano in vari edifici medievali, mentre due stanze adibite a museo presentano parte del materiale trovato dopo i recenti scavi. Altro materiale è disperso in alcuni musei siciliani, in attesa di tornare a San Fratello.

Fonti: La Repubblica, Gaetano Mario Columba

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