Erika Atzori.
Due materie prime dal sapore inconfondibile, che, secondo il
giornalista Enogastronomico Marco Contursi, avranno un futuro solo a patto che
si inizi davvero a consumare i pasti con più consapevolezza. Un
percorso enogastronomico interessante, per certi versi da veri intenditori
dell’arte culinaria e del buon vino, che spinge quindi sulla necessità di
comprendere veramente ciò con cui, ogni giorno, imbandiamo la nostra tavola.
“Le razze nere – continua Contursi -, producono
tanto grasso profumato, insaturo, ricco di acido linoleico che non fa male.
Oggi, il problema della commercializzazione del suino nero è che la massaia va
ancora dal macellaio e dal salumiere a chiedere una pancetta magra o una
costoletta senza grasso. Bisognerebbe rendersi conto che chiedere una parte
magra di una carne che per eccellenza non lo è, è un nonsense. Occorre
iniziare a fare acquisti in maniera più consapevole: meglio limitare la
quantità, ma mai la qualità”.
E sono d’accordo con queste istanze anche i due produttori
presenti alla serata del Ristorante Borgo Murauto, Dino Martino
dell’Agriturismo Mastrofrancesco di Morcone, nell’alto Sannio beneventano ed il
nostrano Salumificio Starvaggi di Sant’Angelo di Brolo.
“Siamo produttori di questa razza autoctona di suino nero e
riteniamo di fare tantissimo in ottica sostenibilità – afferma il
beneventano Dino Martino -. Fortunatamente la cultura del buon cibo
sta prendendo sempre più piede e c’è una ricerca di prodotti che evocano una
tradizione, una storia del territorio da cui provengono. I produttori come noi
offrono un prodotto di nicchia, perché abbiamo a che fare con una razza
difficile, che è stata recuperata ma si è indebolita. Alleviamo capi che poi,
trasformati creano emozione a tavola, senza l’aiuto delle tecnologie: alle
spalle c’è un lavoro fatto non al computer ma con l’anima”.
Il salumificio Starvaggi di Sant’Angelo di Brolo, che
trasforma le carni di suino nero allevate a Cesarò, San Fratello, Alcara
Li Fusi, Militello Rosmarino, ha portato in tavola le sue eccellenze in fatto
di salumi prodotti artigianalmente, con il classico taglio a punta di coltello.
Un salumificio che produce dal 1969 prodotti naturali, in assenza di additivi,
unicamente con l’aggiunta di sale e pepe ed una stagionatura nella valle di
Sant’Angelo di Brolo, anch’essa al naturale.
“E’ un mercato che si sta progressivamente evolvendo anche
verso l’estero. Commercializziamo con la GdO ed i nostri prodotti arrivano
anche in Francia, Inghilterra e stiamo cercando di esportare in America e
Giappone”. Internazionalizzazione e lavorazione artigianale vanno quindi di
pari passo, sui Nebrodi. Ma come si riesce a garantire un prodotto artiginale,
se si punta alla grande distribuzione? “Abbiamo fatto un accordo con altri
produttori e a giorni il Consorzio di tutela del suino nero dei Nebrodi
dovrebbe ottenere il marchio DOP dal Ministero. Ci aspettiamo quindi di poter
penetrare nei mercati internazionali anche grazie a questo riconoscimento,
oltre che per la grande qualità di un prodotto di nicchia”. Oggi il
salumificio Starvaggi trasforma circa 1200 capi all’anno, 2500 prosciutti
stagionati per oltre 2 anni. Ma sicuramente c’è un futuro, per il suino nero
che va oltre questi numeri.
Ad una cena degustativa non poteva chiaramente mancare anche
il percorso enologico, curato dalla Marino Vini di Camporeale, un’azienda
agricola che vinifica a 350 mt s.l.m., tra le strade del vino DOC Monreale e
Alcamo, nel più prestigioso terroir della Sicilia, tra Palermo e
Trapani, dove le pianure battute dai venti caldi di scirocco e dalla lieve
brezza del mare cedono il posto alle dolci e assolate colline. Un’azienda
giovane, che vinifica anche in bio dal 2014 e che ha alle spalle una tradizione
importante. “In meno di 4 anni siamo riusciti ad avere 7 etichette diverse – ci
spiega il Signor Marino, proprietario dell’azienda. In questo percorso
enogastronomico abbiamo degustato un bland di nero d’avola, syrah e merlot e un
nero d’avola in purezza, invecchiato in acciaio e barrique. Abbiamo scelto di
vinificare solo con vini autoctoni perché riteniamo che sia importante
utilizzare le risorse del territorio e cercare di offrire il meglio di ciò che
offre la Sicilia e la nostra zona in particolare. Ed il mercato ci sta dando
ragione, visto che i nostri vini, seppur così giovani, sono riusciti già ad
ottenere importanti riconoscimenti”.
Grande soddisfazione anche da parte dello chef e ristoratore
Tindaro Ricciardo, impegnato da sempre, con il fratello Basilio, nel tentativo
di promuovere il territorio dei Nebrodi, la Sicilia e tutte le sue eccellenze. “Abbiamo
scelto questo gemellaggio tra le due varietà di suino studiando un menù che,
secondo i nostri commensali, ha associato alla perfezione i due gusti. Tutte le
materie prime che utilizziamo sono fresche, del territorio e soprattutto
cucinate al momento”. Uno scambio importante, insomma, in un momento in cui i
Nebrodi dovrebbero puntare sull’ampliamento dell’allevamento e della
trasformazione, specialmente di salumi e prosciutti in particolare.
Fonte: nebrodinews.it
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