La Grotta di San Teodoro, duecento mila anni di storia

 


La GROTTA DI SAN TEODORO si apre ad una quota di circa 140 metri s.l.m., alla base di un’antica falesia. Uno sperone di roccia, a destra guardando l’ingresso, separa la grotta da un’altra rientranza che va sotto il nome di “riparo Maria”. Sia la grotta che il riparo Maria sono scavati nel calcare che costituisce Pizzo Castellaro, facente parte del Monte San Fratello. La grotta misura circa 60 metri di lunghezza e circa 20 metri di larghezza, l’altezza invece è varia: 10 metri circa vicino l’entrata per poi innalzarsi nella parte centrale fino ad una ventina di metri. Sul pavimento della grotta sono presenti grossi blocchi calcarei, caduti con tutta probabilità dalla volta e, nella parte opposta all’entrata, questi blocchi formano un vero e proprio accumulo. La leggenda narra che dietro questo accumulo vi fosse un passaggio che metteva in comunicazione la grotta con il paese di San Fratello e che un muro che sbarrava l’ingresso fosse stato costruito dagli antichi abitanti a difesa dalle incursioni dei Saraceni. Per quanto riguarda l’origine del nome, altre leggende narrano che la grotta fosse abitata dall’eremita Teodoro. In seguito gli abitanti del posto vi eressero un santuario protetto da quel muro che sbarrava l’ingresso. Successivamente la grotta fu adibita ad ovile, oltre ad essere stata sicuro rifugio per gli abitanti del luogo durante gli eventi bellici.

La grotta è nota agli studiosi sin dal 1859, anno in cui Francesco Anca, barone di Mangalaviti, la scoprì ed effettuò i primi scavi, rinvenendo al suo interno numerosi resti fossili di mammiferi fra i quali resti di carnivori mai trovati nelle poche grotte siciliane fino ad allora note; un vero e proprio deposito di animali estinti oltre ai resti di specie utili all’alimentazione dell’uomo; una innumerevole quantità di armi in pietra che lo portarono a concludere che la grotta fosse stata una stazione umana permanente tra 14 e 11 mila anni fa. L’originaria collezione raccolta da Anca, arricchita negli anni da successive raccolte, oggi si trova custodita presso il Museo Geologico “G.G. Gemmellaro” di Palermo. L'elenco presenta: sette individui di homo sapiens sapiens vissuti molto probabilmente in epoche diverse; fossili di iena, lupi, volpi, cervi, daini, cinghiali, istrici, ippopotami, orsi ed elefanti, fra cui una razza estinta di elefanti nani; e poi ossa di uro, un grosso bovino estinto; ed ancora fossili di bisonte e di un cavallo estinto di piccole dimensioni; infine fossili di uccelli e altri ruminanti non tutti ben identificati poiché appartenenti a razze ormai estinte da secoli. L’insieme faunistico più antico risale addirittura a circa 200.000 anni fa.

La Grotta di San Teodoro rappresenta uno dei capisaldi per la conoscenza del Paleolitico superiore nel Mediterraneo. Le sepolture, le prime e finora le uniche rinvenute in Sicilia, hanno offerto dati di eccezionale interesse per la conoscenza dei più antichi abitatori della Sicilia.

Tra i ritrovamenti umani "Thea" è il nome dato ad uno scheletro proveniente dalla Grotta di San Teodoro custodito nel Museo palermitano sin dal 1937, fu così soprannominato negli anni ’80 quando, a seguito di indizi scientifici ne fu inizialmente determinato il sesso, anche se recentemente nuovi studi hanno ipotizzato che Thea fosse in realtà un uomo. Di certo si tratta di un individuo di circa trent’anni, alto m 1,65 vissuto nel Paleolitico superiore.

(Fonte: Carolina Di Patti. Thea madre, il volto della prima donna di Sicilia e la grotta di San Teodoro. Annali 2007)

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