Un amico di San Benedetto sugli altari


 

Fra Bartolomeo Buccheri è morto a Palermo nel convento francescano della Gangia l’8 ottobre del 1607. Si tratta di un personaggio singolare ed esemplare nella grande famiglia dei seguaci di San Francesco. Inserito a pieno titolo nel martirologio francescano, molto più raccolto rispetto ai leggendari dove talvolta venivano descritte notizie dai vari conventi delle province dell’ordine.

Già nell’antica Montalbano il rev. Antonino Mobilia, nel 1973 lo ascrive fra i personaggi illustri, come cittadino che merita di essere ricordato, come vanto illustre di quel comune. Un biografo della seconda metà del seicento, appartenente alla famiglia francescana di Sicilia, fra Pietro Tognoletto da Palermo, riportando la notizia basata sui manoscritti originali del processo di canonizzazione, compilati da padre Antonino da Randazzo, attualmente conservati nella Biblioteca di Palermo, con il suo tipico linguaggio del suo tempo, scrive testualmente:

“Mentre si tratteneva a Palermo, andò un giorno per sua devozione, al Convento di Santa Maria di Gesù; il Padre Guardiano, che era all’hora, lo chiamò per aggiuitare a zappare e travagliar nell’horto del Convento, e osservando i di lui costumi, conobbe essere persona timorosa di Dio, e dotato di singolar bontà: perciò gli disse, se avesse volontà, di farsi Religioso, e questo fù circa l’anno 1570. Bartholomeo accettò l’offerta, e gli rispose di si, riservandosi di sottoporre il suo desiderio al volere dei suoi genitori”.

Nel decennio trascorso dal Servo di Dio in quel luogo, Santa Maria di Gesù, stette a diretto contatto con Fra Benedetto da San Fratello, che da duecento anni è stato elevato agli onori degli altari con l’appellativo di San Benedetto il Moro, Patrono di Palermo e di San Fratello ed Acquedolci. Non si può non notare l’eterogeneità culturale esistente tra i frati delle comunità, dove laici, sacerdoti, dotti ed analfabeti vivevano in una collettiva atmosfera di fervore penitenziale, di amore fraterno, di umiltà profonda e di progresso interiore. Erano infatti analfabeti e frati laici i due monaci Fra Bartolomeo da Montalbano e Fra Benedetto da San Fratello, galloitalici, che conoscevano l’antico dialetto, ma sapevano scrutare i cuori ed effondere le grazie di Dio, a tal punto da essere stati beneficiati del grande dono dei miracoli per intercessione.

Fonte: Salvatore Mangione

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