I Diecimila Martiri

 

Albrecht Dürer, Martirio dei Diecimila, 1507, Vienna, Kunsthistorisches Museum.

La chiesa dei Diecimila Martiri a San Fratello, secondo gli storici si trovava vicino il Castello ed era la più antica del paese, era inoltre soggetta alla Basilica Lateranense. In un reliquiario in possesso della chiesa di San Nicolò, vi sono conservate le reliquie ossee di alcuni dei martiri cui era dedicata la chiesa. Da notare che in Sicilia, i normanni, non dedicarono nulla a questo culto. 

La Basilica di San Giovanni in Laterano, anche definita come la Cattedrale di Roma, è la chiesa madre della diocesi di Roma. È la prima delle quattro basiliche papali maggiori e la più antica e importante basilica d'Occidente. È detta "arcibasilica" perché è la più importante delle quattro basiliche papali maggiori; più precisamente, ha il titolo onorifico di Omnium Urbis et Orbis Ecclesiarum Mater et Caput, ovvero Madre e Capo di tutte le Chiese della Città e del Mondo.

I diecimila martiri sono menzionati due volte nel Martirologio Romano: "A Nicomedia i diecimila santi martiri che vennero uccisi di spada per aver confessato Cristo" e la seconda: "Sul monte Ararat il martirio dei diecimila santi martiri che vennero crocifissi." La prima annotazione, rintracciata in un antico martirologio greco, tradotta dal Cardinale Sirleto e pubblicata da Enrico Canisio, probabilmente fa riferimento al culto di un tale numero di martiri, uccisi all'inizio della persecuzione dei cristiani sotto Diocleziano, nel 303.

La seconda annotazione, invece, si fonda su una leggenda, forse tradotta da un'originale greca da Anastasio il Bibliotecario (morto nell'866), e dedicata a Pietro, vescovo della Sabina. 

Secondo la passio il capogruppo sarebbe stato un certo Acacio, ufficiale romano al seguito dell’imperatore Adriano (sec. II) in una spedizione in Armenia insieme con diecimila soldati. Rimasti sconfitti, l’apparizione di un angelo convertì al cristianesimo l’intero esercito. Conseguita così la vittoria, Adriano se ne compiacque, ma appresa la notizia della loro adesione alla fede cristiana si adirò. Diede dunque ordine che tutti i diecimila soldati venissero crocifissi sul monte Ararat.

In seguito le reliquie di Sant’Acacio e degli altri diecimila martiri vennero traslate in Occidente e distribuite tra numerose città europee, soprattutto della Spagna, poi ancora in Portogallo, in Italia, a Praga, a Vienna.

Ormai invocati con un culto pari a quello dei celebri Santi Quattordici Ausiliatori, furono concessi anche Messa e Prefazio propri per la loro memoria liturgica.
L’accavallarsi di molteplici tradizioni denota la ricchezza di cui ha goduto il ricordo di questi testimoni della fede.

Il culto dei diecimila è stato a lungo ignorato. I martiri non sono menzionati affatto prima di Petrus de Natalibus, vescovo nel 1371. I Greci non ne fanno nemmeno nota nel Menaion, né tantomeno i copti o gli Armeni. Lorenz Sauer li omette nella sua prima e seconda edizione della Vita Sanctorum; Papebroeck classifica i loro "Atti" come apocrifi, mentre Cesare Baronio è l'unico a difenderli.

Il culto è comunque diffuso in Danimarca, Svezia, Polonia, Francia, Spagna e Portogallo. Le loro reliquie sono rivendicate dalla Chiesa di San Vito a Praga, da Vienna, da Scutari, in Sicilia, da Cuenca, Lisbona e Coimbra in Portogallo.

Fonti: 

  • Acta Sanctorum, Marzo, II, 616.
  • Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica VIII, 6.
  • Lattanzio, XV.
  • Acta Sanctorum, Giugno, V, 151.
  • Fabio Arduino, Santi e Beati.


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