Apollonia di Sicilia

La città fu fondata in un’epoca imprecisata sulle colline dei Nebrodi nei pressi dell’odierna San Fratello (Monte Vecchio), a metà strada tra le città contemporanee di Halontion (San Marco d'Alunzio) e Kalé Akté (Caronia).


E’ ipotizzabile che il centro fosse stato occupato originariamente da Siculi, successivamente ellenizzati, come avvenuto in buona parte dell’area nebroidea, dove ancora prima dell’arrivo dei Greci erano sorti villaggi indigeni, per lo più stanziati su promontori poco distanti dal mare, in posizioni per loro natura fortificate e difficilmente accessibili, come nel caso di Apollonia.


Il nome Apollonia ricorre frequentemente nella topografia antica dell’area mediterranea e sta ad indicare diverse città, alcune delle quali tra le più importanti del mondo greco: Apollonia di Illiria, nell’attuale Albania, importante sino all’epoca imperiale; la splendida città-porto di Cyrene, nella Libia; una città della Tracia, sulla costa del Mar Nero; un centro sulla costa di Israele ed uno in Bytinia. Si tratta di città evidentemente dedicate al dio Apollo, nei confronti del quale si praticava un particolare culto.

Apollonia di Sicilia è sicuramente meno importante di alcune di quelle ora ricordate e non si distinse in particolari eventi storici. Tuttavia costituì l’unico centro antico di Magna Grecia e Sicilia a portare tale nome, nonostante il culto di Apollo fosse uno dei più rilevanti del mondo greco anche nelle colonie d’occidente.


I riferimenti storici al sito sono pochi: intorno alla metà del IV secolo a.C. fu dominata da Leptines, tiranno di Engyon; nel 342 a.C. Timoleonte rese le due città autonome, dopo avere sconfitto il tiranno mandandolo in esilio nel Peloponneso [Diod. 16.72.6].

La città fu saccheggiata e sottomessa da Agatocle nel 307 (Diod. 20.56) ma riguadagnò la libertà dopo la caduta del tiranno. Nel 73 a.C., il console M. Terenzio Varrone Lucullo le tolse la statua in bronzo di Apollo, che portò a Roma sul Campidoglio. La fase ellenistica e repubblicana sembra essere stata il periodo più florido per la città. Con la conquista della Sicilia ad opera dei romani, Apollonia rimase asservita ai nuovi dominatori, ma continuò a godere di una relativa autonomia.  Nel corso del I secolo a.C. fu città decumana e subì anch’essa i danni economici della condotta scellerata del propretore Verre (Cic., Verr. 3.43.103) e fu rappresentata da una nave nella flotta radunata contro i pirati [Cic., Verr. 5.33.86 – 34.90]: Cicerone nomina anche il nome del capitano del vascello di Apollonia, Antropico, che rimase ucciso nello scontro a largo di Capo Passero.


In seguito, non si hanno più notizie storiche sicure. Tuttavia compare ancora in Stefano di Bisanzio, mentre il suo nome non ricorre né in Plinio né in Tolomeo. Si può ipotizzare che il centro, già nella prima età imperiale fosse ormai decaduto al rango di semplice villaggio, come hanno peraltro documentato i recenti scavi archeologici. Successivamente la popolazione si spostò poco più a sud, dove venne creato il paese di San Fratello.

Come detto, Apollonìa, malgrado il nome greco, potrebbe essere stata una città dei Siculi, forse di fondazione posteriore, quando l’influsso delle genti greche stanziatesi nella parte orientale della Sicilia si era esteso all’intera isola. Stefano di Bisanzio la pone chiaramente tra Halontion e Kalé Akté.


Cicerone (Verr. 3.43) ne fa menzione in congiunzione con le città di Haluntium, Capitium ed Enguium, in modo che appare logico identificarla nella stessa parte di Sicilia e nelle vicinanze di questi centri. Nel racconto della spedizione navale contro i pirati di Cicerone, la flotta era formata, tra le altre, di navi delle città di Apollonia, Aluntium e Tyndaris, città tra loro vicine, posizionate a ridosso del mare nella porzione comprendente il settore orientale dei monti Nebrodi che iniziava dal territorio di Herbita, la quale faceva parte, nello stesso periodo, di un’altra lega con le città dei Nebrodi occidentali (Kaleakte, Halaesa ed Amestratos). L’accostamento, in particolare, con Haluntium conferma i rapporti di vicinato tra le due città confinanti, a difesa del loro territorio.

Sulla base della prima interpretazione di Stefano di Bisanzio, la città è stata allora ricercata presso il fiume Furiano, quindi nei pressi di San Fratello, dove, sulla cima del monte omonimo (o Monte Vecchio), poco a nord del moderno abitato, sono da sempre stati visibili evidenti resti di un centro antico (mura, pozzi, iscrizioni).



Nel ‘500, il Fazello, scambiando i resti per quelli di Haluntium, scrive: “…su un’altura che si affaccia sul mare che gli abitanti chiamano monte, un poco sotto il centro fortificato di San Filadelfio, sta, tutta in rovina, l’antica città di Alonzio…  Oggi però è in rovina. Se ne vedono ancora mirabili e imponenti testimonianze di pietre squadrate e in maggior parte sparse qua e là. C’è in essa una chiesa di S. Maria, integra si ma, come io credo e la sua fabbrica insegna, recente; è opera di cristiani. Mi sono imbattuto su un blocco di marmo antichissimo che sta davanti alla sua porta ed è grande abbastanza. Su di esso c’è un’iscrizione in lettere greche che ho avuto cura di volgere in latino parola per parola: ‘Il popolo ha qui collocato questi bei sedili per uomini in onore degli Déi per i benefici ricevuti da parte loro’. Anche nella stessa città si vedono a terra grandi e importanti rovine di opere antiche”.


Le indagini archeologiche recenti sono state decisamente indirizzate verso l’identificazione con l’antico centro identificato nei pressi di San Fratello, la cui esistenza è sempre stata conosciuta, come suggerisce anche il toponimo storicamente utilizzato per denominare il colle roccioso che si staglia poco distante dall’abitato moderno.

Il suo porto doveva sorgere nei pressi dell’attuale Acquedolci, dove doveva trovarsi un piccolo cantiere navale e dal quale partì il vascello che partecipò nel I secolo a.C. alla spedizione contro i pirati menzionata da Cicerone. Il suo territorio doveva presumibilmente essere compreso tra i due fiumi che ancora oggi segnano i confini dei comuni di San Fratello ed Acquedolci. Si trattava di una porzione dei monti Nebrodi particolarmente ricca di boschi, che fornivano il legname commerciato dalla città, e di buona pietra adatta ad essere impiegata per costruzioni.











La città sicula ed ellenistica occupava un vasto altopiano roccioso sulla sommità del Monte Vecchio. Da questa posizione dominava un lungo tratto della costa, da Kephaloidion (Cefalù) ad Agathirnon (Capo d’Orlando). Le rovine della città antica, ancora prima degli scavi degli anni 2000, erano visibili da tempo sulla cima della montagna: sui lati est ed ovest era possibile seguire la linea delle mura di fortificazione costruite con pietra isodomica locale; i resti di almeno due costruzioni, nella stessa tecnica in pietra squadrata, furono da tempo identificate sul lato est dell’altipiano, ad ovest ed a nord-est della Chiesa normanna dei Tre Santi.

Una iscrizione ritrovata sul luogo portava la dicitura “SOSIPOLIS”, ovvero "salvatore della patria". Nulla, tuttavia, che fornisse indicazioni sicure sul nome della città. Sulla sommità della montagna, era inoltre nota un’ampia cisterna scavata nella roccia, oltre ad  una specie di altare, alla fine di una scalinata che sale da est. Si conservano monete ritrovate nei secoli scorsi sul posto con l’effigie di Artemide e di Apollo, secondo una tipologia comune a diversi centri della Sicilia settentrionale adiacenti. La necropoli è stata da tempo identificata a sud della città, quasi in corrispondenza con l'attuale cimitero di San Fratello, lungo il percorso della strada antica che, come quella moderna, conduceva in cima all'altura su cui sorgeva Apollonia

La cima del Monte Vecchio, in una splendida posizione panoramica, è occupata dal Santuario dei Tre Santi, che ospitò in una cripta ancora visitabile le reliquie dei Santi Alfio, Filadelfio e Cirino, patroni della città. La chiesa, costruita agli inizi del XII secolo presumibilmente sui resti di un tempio greco. Nei pressi del Santuario da secoli sono emersi elementi architettonici di epoca ellenistica e romana, come colonne, marmi lavorati e blocchi con iscrizioni greche, di cui una incassata su un muro della Chiesa, da ascrivere al fatto che presumibilmente qui sorgeva l’acropoli della città antica. La stessa Chiesa è stata costruita con molto materiale di reimpiego, come mattoni e grossi blocchi di pietra squadrata beni visibili soprattutto su alcuni angoli della struttura. 


  

  

Da Maggio 2003 ad Ottobre 2005 sono stati eseguiti 10 saggi per un totale di circa 2000 mq: la scelta dei punti da esplorare è stata dettata dalla necessità di rendere fruibile lo scavo ai visitatori, per cui i saggi sono stati realizzati non lontano dalla via che conduce alla Chiesa dedicata ai Santi Alfio, Filadelfio e Cirino, posta ad est nella parte più alta della rocca.

Dell’abitato sono state individuate due fasi principali, una che va dal IV-III secolo a.C. al I secolo d.C., durante la quale si sono verificate diverse distruzioni e ricostruzioni, ed una seconda di epoca normanno sveva, da porre forse in relazione all’esistenza del Santuario dei Tre Santi. Tra queste due fasi, l’abitato sembra essere stato abbandonato o al più solo sporadicamente frequentato, per rimanere definitivamente deserto dopo il XIII secolo, quando si afferma il nuovo centro di San Fratello.

 


Il primo settore oggetto d’indagine, sul margine sud della strada di accesso (Saggio A) ha restituito una successione di strutture sovrapposte appartenenti ad epoche diverse (ellenistica, romana e medievale), tra cui una struttura composta da muri dello spessore di circa due metri e da una gradinata che conduceva ad un portale d’ingresso. L’abitato medievale prosegue a nord-est dove, nel Saggio B, sono stati individuati un grande ambiente con piano di cottura esterno ed una cisterna ricavata nella roccia, le cui pareti erano rivestite con malta idraulica; anche in questo settore l’abitato normanno si sovrappone a quello ellenistico, solo parzialmente conservato.

Sul lato opposto della strada, dove erano visibili alcuni blocchi che presentavano le stesse caratteristiche di quelli della struttura muraria in precedenza esplorata, sono state portate in luce le fondamenta di una struttura muraria a carattere difensivo, comprendente una torretta che proteggeva sul lato nord la porta di accesso all’acropoli (Saggio D). Di questo edificio a carattere difensivo sono complessivamente emerse solo alcune strutture ma, da ricognizioni superficiali e da indagini geognostiche si può evincere che siamo in presenza di una struttura molto più estesa e complessa.


Sul pianoro a nord-est della struttura difensiva si sono rinvenuti (Saggio C) alcuni ambienti di epoca ellenistica con pavimenti in opus signinum ed una grande cisterna ricavata nella roccia per la raccolta delle acque. Anche questi ambienti sono stati riadattati e riutilizzati in epoca medievale. Poco distante, sulla sommità del monte, è stata esplorata una grande cisterna pubblica in parte scavata nella roccia e in parte costruita con blocchi litici e rivestita di malta idraulica. Accanto ad essa e distante solo alcuni metri da un complesso forse a carattere sacro ricavato nel banco roccioso (altari, pozzetti e scalinata di accesso da sud), sono state portate in luce due abitazioni separate da uno stretto ambitus e costeggiate da uno stenopos (Saggio E). Di questi due edifici, di cui si conserva l’alzato per circa due metri, sono stati esplorati quattro ambienti principali, due dei quali destinati rispettivamente a deposito di derrate e a cucina.


L’abitato sul Monte Vecchio venne abbandonato forse già a partire dai primi decenni del I secolo d.C. ed il sito, per la sua posizione altamente strategica, fu utilizzato ormai soltanto come avamposto militare. Non è stata trovata traccia di frequentazione del sito in epoca bizantina ed araba. In età normanna l’area venne ripopolata e questo determinò il definitivo obliteramento dei resti della città ellenistico-romana. Tutti i monumenti e le abitazioni furono oggetto di espoliazione e la pietra con cui erano stati costruiti venne utilizzata per realizzare il centro abitato intorno al Santuario dei Tre Santi e successivamente anche quello di San Fratello, dove numerosi blocchi lavorati, comprese alcune epigrafi, si possono ancora individuare in diverse chiese e palazzi cittadini.

Info: per raggiungere l'area archeologica di Apollonia, dirigersi verso San Fratello (Me). Prima dell'entrata al paese, in corrispondenza del Cimitero, prendere a sinistra la stradella che sale verso il Monte Vecchio, fino all'entrata (gratuita) dove si trova l'alloggio dei custodi. Nel centro di San Fratello, invece, sono accessibili i locali adibiti a museo, nell'ex-palazzo municipale in piazza Ricca Salerno (Monumento). All'interno alcuni reperti trovati sul Monte Vecchio. Per visitare questa stanza contattare l'Ufficio del Turismo del Comune di San Fratello.



Fonte: Apollonia, indagini archeologiche sul Monte San Fratello - C. Bonanno.

Commenti

  1. SAN FRATELLO E' CULTURA AIUTIAMOLO A CONSERVARE I SUOI BENI

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